Purtroppo, soprattutto per il cast che mi piace molto, male male. Già dai primi momenti del film ho avuto la sensazione che questo cercasse, senza riuscirci, di ricalcare i grandi classici d'autore italiani: peccato che manchi totalmente di anima. Il protagonista dovrebbe essere, credo nelle intenzioni del regista, come un personaggio di Antonioni, ma da impotente diventa inutile; trama che sta nel mezzo tra le trame classiche e quelle post-moderne, ma devo dire soprattutto col finale risulta insapore. La regia diventa buona in qualche scena, come quella della festa clandestina, mentre ho trovato grottesca la citazione, che mi è sembrata lampante, a Apocalipse Now nella scena della sauna. Insomma un film che vorrebbe essere ma che non è: prova ad essere intelletuale ma ne ha solo la forma, neanche troppo definita.
Un’amicizia tra un ragazzo ed una ragazza che nasce tra i banchi di scuola con un’attrazione ed una sintonia che non può portare ad altro che ad un innamoramento.Una separazione dovuta all’emigrazione di lei in Canada (dalla Corea del sud) che ha traumatizzato lui; dodici anni di nulla prima di ricontattarla, grazie ad un social network; il rapporto che si riallaccia come se neanche un giorno fosse passato, con i due che ora sono giovani adulti chiaramente attratti l’uno dall’altra.Gli incontri forzatamente virtuali diventano veri e propri appuntamenti che entrambi attendono con ansia ma la prospettiva di vedersi di persona è rimandata di un anno; lei non ce la fa ad aspettare ed a tenere in pausa la propria vita in attesa di rivederlo, così decide di interrompere gli appuntamenti e prendersi una pausa (sapendo entrambi che la pausa avrebbe terminato il periodo dei loro incontri).Entrambi conoscono un’altra persona, si innamorano e la vita va avanti per altri dodici anni quando lui va a fare una vacanza a New York dove ora lei vive (e si è sposata), ben sapendo che lui va solo per incontrare lei.Un paio di giorni che sfrutteranno per capire cosa l’altro rappresenti nella propria vita.Un uomo intrappolato in una cattedrale di ricordi e, peggio ancora, di 'cosa sarebbe successo se…’ irritante, una donna che sente ancora il tepore di un sentimento passato che, come una brace, è ravvivato dalla curiosità di vedere in cosa si è trasformato il bambino che conosceva e l’uomo di cui si era innamorata.Non sopporto più certi film che vengono considerati ‘romantici’, chiedo venia…La vecchiezza è stagione dove si dovrebbe accogliere e non respingere, ma.Non tollero più sentir chiamare ‘Amore’ le proiezioni che allestiamo su di un’altra persona, l’ho fatto tante volte sfracellandomi sui mei schermi Imax ed ora non lo
un filmetto. con gran cast.. sprecato. io l'ho visto per caso (pecoronismo netflixiano + il cast).. perchè se ne parla tanto?mah...cerchiobottista...ben studiato per creare hype probabilmente
Bisogna salvare le persone in mare non possiamo lasciare nessuno in mare i migranti vogliono solo vivere e noi dovremmo imparare da loro a vivere. Non arrendendoci. Mai perché dà sempre tutti siamo migranti .
Viaggio in Giappone: una riflessione poetica sullo smarrimento esistenziale Il film Viaggio in Giappone, diretto da Élise Girard e interpretato magistralmente da Isabelle Huppert, è un'opera che, pur divisiva, merita un'analisi più approfondita rispetto al giudizio negativo di alcuni critici. Se è vero che il film presenta scelte estetiche e narrative non convenzionali, il suo valore risiede nella capacità di raccontare il senso di smarrimento e di fragilità esistenziale attraverso una lente profondamente poetica. La mini odissea di Sidonie, una scrittrice vedova tormentata dal ricordo del marito, diventa una metafora universale per descrivere il disagio di una generazione (i sessantenni) che si confronta con il declino demografico e culturale di due civiltà: quella europea e quella giapponese. Questa doppia dimensione di crisi — personale e collettiva — si riflette nell'incontro tra Sidonie e Kenzo, un editore giapponese divorziato da poco.Contrariamente a quanto espresso nella recensione francese, il "senso di dislocazione e stranezza" non è un difetto, ma piuttosto un elemento chiave del film. Le scelte stilistiche, incluse le scene in auto con proiezioni volutamente artificiali, enfatizzano l'isolamento della protagonista e il carattere quasi surreale del suo viaggio interiore. Anche la rappresentazione del marito come fantasma, sebbene possa sembrare goffa, richiama un immaginario onirico che rispecchia la vulnerabilità psicologica di Sidonie. Ciò che alcuni potrebbero interpretare come "alienazione" o "cattive decisioni" nella struttura narrativa è, a mio avviso, un modo per sottolineare la casualità e l'incertezza che spingono Sidonie a partire per il Giappone all'ultimo momento. Questo gesto impulsivo, quasi irrazionale, è il motore che dà al film il suo respiro emotivo e che permette a Sidonie di elaborare il lutto e, forse, di iniziare a “guarire”. In conclusione, Viaggio in Giappone non è un film perfetto, ma è un'opera che merita di essere letta nella sua profondità simbolica e poetica.
Woyzeck, diretto da Werner Herzog, è un film straordinariamente potente e visionario che trascende i confini del semplice adattamento cinematografico, portando sulla scena un'opera di grande intensità emotiva e riflessione filosofica. Ispirato all'omonima opera teatrale incompleta di Georg Büchner, questo film esamina la follia umana, la povertà, la disuguaglianza sociale e il senso di alienazione, con una profondità psicologica che lascia un'impressione indelebile.La regia di Werner HerzogHerzog, come sempre, dimostra il suo talento unico nel trattare tematiche esistenziali e nella capacità di fondere il dramma umano con l’ambiente naturale e sociale. In Woyzeck, il regista tedesco riesce a combinare il realismo crudo con un surrealismo inquietante, conferendo alla pellicola un'aura di inevitabilità tragica. La sua scelta di girare il film in ambientazioni desolate, come la campagna tedesca e i freddi paesaggi urbani, rispecchia la solitudine e la decadenza psicologica del protagonista. Ogni fotogramma è curato con una precisione da pittore, con l'uso di spazi vuoti e composizioni simboliche che enfatizzano la condizione di Woyzeck, un uomo schiacciato dal peso delle sue circostanze e dalla sua stessa psiche. Herzog non si limita a raccontare una storia, ma ci immerge nel suo mondo, una realtà dove l'individuo è intrappolato in un destino oscuro e ineluttabile.Klaus Kinski: un'interpretazione straordinariaLa performance di Klaus Kinski nel ruolo di Woyzeck è il cuore pulsante di questo film. Kinski, già noto per le sue interpretazioni cariche di tensione e inquietudine, dà vita a un personaggio che è al contempo fragile e minaccioso, tormentato e disperato. La sua capacità di esprimere la psicologia complessa del protagonista è straordinaria: Woyzeck non è solo un soldato di bassa classe sociale che soffre per le sue difficili condizioni economiche, ma è un uomo che sta perdendo il contatto con la realtà, schiacciato dalla società che lo sfrutta e manipola. Kinski non
"The Imitation Game", diretto da Morten Tyldum e interpretato in modo magistrale da Benedict Cumberbatch e Keira Knightley, è una straordinaria rappresentazione della vita complessa e affascinante di Alan Turing, un genio visionario e pioniere nell'ambito della computazione.Benedict Cumberbatch offre una performance eccezionale nel ruolo di Turing, portando sullo schermo la genialità e la solitudine del matematico britannico. La sua interpretazione sfoggia una gamma di emozioni, dalla determinazione implacabile alla vulnerabilità interiore, catturando la complessità di un uomo la cui mente geniale fu cruciale per la vittoria degli Alleati durante la Seconda Guerra Mondiale.La presenza di Keira Knightley nel ruolo di Joan Clarke, una brillante matematica e amica intima di Turing, aggiunge un ulteriore strato di profondità al film. La loro connessione, basata sulla comprensione reciproca e sulla sfida delle norme sociali dell'epoca, contribuisce a sottolineare la solitudine di Turing e la sua lotta contro le discriminazioni.La trama del film è avvincente, alternando abilmente tra il periodo della Seconda Guerra Mondiale, quando Turing lavorò per decifrare il codice Enigma utilizzato dai nazisti, e il periodo successivo, quando la sua omosessualità lo portò a confrontarsi con le leggi ingiuste del tempo. La narrazione coinvolge gli spettatori attraverso una storia di intelligenza, determinazione e umanità.La regia di Morten Tyldum cattura in modo straordinario l'atmosfera dell'epoca, con una fotografia raffinata e scenografie che trasportano gli spettatori nel cuore della guerra e della mente di Turing. La colonna sonora di Alexandre Desplat contribuisce a intensificare l'emozione del film, creando un accompagnamento musicale che sottolinea perfettamente ogni momento cruciale."The Imitation Game" non è solo un ritratto biografico accurato, ma anche una riflessione potente sulla discriminazione, sull'intelligenza artificiale e sulla natura umana. Il film offre uno sguardo rispettoso sulla vita di Alan Turing, un uomo la cui genialità ha cambiato il corso della storia e che,
When I can't sleep, I often watch underwater or shark movies, they make me feel cozy in the dark. These films are tough to make and often unfairly criticized, especially given the challenges of filming underwater. After experiencing a personal tragedy and battling insomnia, finding this hidden gem was a blessing.The claustrophobic atmosphere is genius, and while it’s no Jaws, it surpassed my expectations, especially the practical effects and realistic gore. The ending is satisfying, despite a few rushed moments and CGI sharks (which were mostly well-hidden). I’ll definitely rewatch this one day. Not an Oscar-winner, but one of the better shark movies in years!!!!
Un film poetico, di una bellezza struggente... visto in tv in religioso silenzio e solitudine. Daigo, restituisce la vita, per l'ultima volta, ai volti senza vita. C'è amorevolezza nei suoi gesti, cura, dignità.Non è mai troppo tardi per riconciliarsi con la propria storia.
Non credo esista un altro film che abbia affrontato il problema degli esodati in Italia in seguito alla riforma Fornero.È un film dalla trama semplice, dove la protagonista, interpretata da una magnifica ed inedita Daniela Poggi in vero stato di grazia, finisce ad elemosinare in una piazza della sua città. Lo fa perchè il governo dei “professori” l'ha ridotta alla fame, dato che a 60 anni non ha improvvisamente diritto alla sua pensione, pur essendosi ormai licenziata a tale proposito.È una storia tenera, che nel dolore che riesce a trasmettere, fa anche apprezzare tanti lati della dignità di una persona che si trova improvvisamente nell'indigenza. Inoltre il rapporto tra la protagonista e la sua nipotina di 16 anni che non immagina ciò che sua nonna ormai è costretta a fare per portare qualche soldo a casa è davvero qualcosa che scalda il cuore.L'ho visto due volte, la prima al cinema e la seconda in tv. Entrambe le volte mi sono commossa ed ho provato un senso di tristezza ma anche di speranza. Consigliatissimo.
"L'orribile segreto degli ultimi dieci minuti""L'orribile segreto del Dr. Hichcock", film di Riccardo Freda del 1962, sembra un film gotico, normale ma a far svoltare il lavoro sia dal punto estetico sia dal punto di vista del plot narrativo sono i fatidici dieci minuti in cui tutto succede e nei quali si nasconde il fulcro del significato del film.Procediamo prima per ordine inquadrando il regista italiano.Freda, noto per le co-regie con Mario Bava alla fine degli anni Cinquanta con ,"I vampiri" (1957) e "Caltiki, il mostro immortale" (1959), proseguirà poi la propria carriera realizzando film d'avventura, gotici e storici."L'orribile segreto del Dr. Hichcock", pare possedere tutti i caratteri del genere gotico tradizionale, tanto che la tram del film anche un po' noiosa che pare inizlamente scopiazzata o comunque fortemente influenzata da alcuni autori della letteratura gotica ha i tratti della solita storia in villa con apparizioni e spiriti che pare non avere nulla di originale e innovativo. Tipico, è anche il tema dello scienziato che pare non dimenticare la moglie morta che non è riuscito a salvare e torna con una nuova moglia nella casa in cui viveva molti anni prima con lei.Cynthia, Barbara Steele (che nel 1960 interpreterà un doppio ruolo nel film di Mario Bava, "La maschera del demonio" e che nel 1963 comparirà nel film di Riccardo Freda, "Lo spettro") è la moglie che si troverà catapultata in questo "nuovo mondo", la villa in cui aleggia in ognidove la figura di Margaretha, moglie di cui il Dr. Hichcock è vedovo.Così come il titolo, anche lo svolgersi del film e delle sue tecniche sono racchiuse nei suoi ultimi dieci minuti, in cui avverrà lo switch a livello di estetica e riferimenti cinematografici tecnici colti, così come nella trama e nel profondo significato dell'opera, che fanno di questo film
Allora... doverosa premessa, parliamo un di uno dei più grandi successi dello scorso anno, a cui mi sono approcciata senza preconcetti perché fare la snob non mi piace mentre invece mi piace l'horror, e tanto, e soprattutto mi piace l' horror “grezzo” senza troppe raffinatezze ne significati nascosti.Alla luce di questo posso dire che “Five nights at Freddy's” non mi e' piaciuto per niente.L'ambizione di “elevarsi” , senza spoiler are troppo diciamo che il personaggio principale è falcidiato da una serie di disgrazie personali senza fine, si schianta sulla cagnaggine di Josh Hutcherson il cui successo planetario mi e' totalmente incomprensibile, sul fronte splatter non pervenuto, gli omicidi dei pupazzoni son tutti fuori campo, maledetto PG13, il finale è telefonatissimo…in pratica spesso e volentieri mi sono abbioccata….sul fronte pupazzoni assassini meglio il “Willie's Wonderland” con Nicolas Cage oppure il trashissimo “Banana Split's show”. Spiace soprattutto vedere la brutta fine fatta da una icona del cinema horror come Matthew Lillard di “Scream…”
N.25 - FILMAMO AWARDS: I TOP VOICES SCELGONO I MIGLIORI FILM DEL 2024.
Filmamo è diventata, nell'anno appena trascorso, una realtà conosciuta a livello nazionale che negli ultimi tempi si sta facendo apprezzare anche all'estero.Merito di questa crescita costante come numero di utenti, di traffico e di contenuti è unicamente degli utenti che, pian piano, hanno iniziato a credere che dietro a questo progetto c'è tanta passione unita a tantissimo lavoro e per tale motivo hanno cominciato, in maniera del tutto spontanea, ad arricchire il database di recensioni presenti nella piattaforma. Il 2025 sarà un anno cruciale per tutti noi perché ci stiamo preparando ad un balzo verso l'alto che porterà Filmamo a diventare qualcosa di più ampio e completo rispetto alla realtà attuale. Una delle novità è costituita dalla I edizione dei "Filmamo Awards" dove i “Top Voices” si sono uniti in una sorta di “giuria” fornendo ognuno le proprie preferenze al fine di arrivare a determinare dei vincitori in ben 10 categorie. In realtà le categorie sono 11 ma l'ultima è stata volutamente istituita non per fornire un vincitore, quanto per dare consigli agli operatori del settore di cercare di distribuire nel mercato nazionale (sala, home-video e/o streaming) dei film che sono stati reputati decisamente interessanti dai "giurati". Per procedere in modo sufficientemente serio abbiamo adottato un regolamento interno che prevede due regole fondamentali: sono stati presi in considerazione tutti i film usciti dal 1 gennaio al 31 dicembre e, in aggiunta, che quest'ultimi siano stati distribuiti sul territorio nazionale in qualsiasi modo.La prima categoria è la “Best Film” dove verrà premiata la pellicola ritenuta maggiormente attraente ed interessante senza fare distinzioni tra film nazionali o esteri, prescindendo da qualsiasi forma di fruizione (dalla sala allo streaming passando per l'home-video).La seconda categoria è la "Best Director” dove verrà indicato il regista il cui lavoro è stato indicato come quello più incisivo
SGUARDI DAL MONDO: JACQUES AUDIARD
Figlio d'arte, prima di sedersi sulla sedia del regista ha fatto il montatore e lo sceneggiatore. Insomma Audiard è un uomo che respira cinema da tutta la vita e col passare del tenpo i risultati si sono visti diventando uno degli autori più ecclettici del panorama francese. Esordisce nel 1994 con Regard les hommes tomber immediatamente selezionato per il Festival di Cannes in una sezione collaterale e protagonista dei Premi Cesar. Prime prove di thriller e poliziesco e collaborazione con Trentignant e Kassovitz. Nel 1996 arriva il primo concorso a Cannes e il primo premio. Un heros tres discret porta a casa il premio per la Miglior sceneggiatura ed è proprio un'opera che parla di racconto, di capacità affabulatorie che sanno nascondere bugie. Forse uno dei suoi film meno riusciti, ma che mette in evidenza la sua capacità di aggirarsi tra i generi. Torna nel 2001 con Sulle mie labbra, film che lo porta al grande pubblico. Un thriller teso che esce dagli schemi parlando di disabilità, di pregiudicati e di un riscatto non propriamente canonico. Protagonisti Vincent Cassell e una straordinaria Emmanuelle Devos che si muovono ai margini della società francese. Nel 2005 porta al Festival di Berlino De battre mon coeur s'arrêté (scusatemi, ma trovo completamente errato quello scelto dalla distribuzione italiana Tutti i battiti del mio cuore). Il racconto di un uomo che in tenera età è costretto ad abbandonare la musica, ma che la riscopre con un insegnante vietnamita che non parla francese è travolgente. In piena controtendenza è il remake di un film statunitense, ma Audiard affina la sua regia e il suo stile e ben lo incastona nella società francese. Un piccolo gioiellino poco conosciuto. Il profeta è il film che lo rende grande in tutto il mondo. La sua corsa parte da Cannes
IL DIARIO DI BRIDGET JONES: LA COMMEDIA ROMANTICA CHE CI FA SENTIRE MENO SOLI
Cari lettori, benvenuti e bentornati al nuovo appuntamento con la rubrica “Cinema sotto l'albero”. Siamo giunti all’ultimo appuntamento di quest’anno di questa nuova rubrica nata per caso, ma che tante soddisfazioni ed emozioni mi ha donato, e il merito più grande di tutto questo va naturalmente a tutti coloro che hanno seguito, letto, commentato, o hanno lasciato un like. Grazie di cuore, davvero. L’ultimo film che ho scelto è forse quello che ha davvero, ma davvero tutti gli ingredienti che lo rendono il film natalizio perfetto, soprattutto per gli amanti della combo “Christmas - Rom-Com”, anche se, questo non è decisamente il canonico film di questo filone. Una pellicola che è un inno allo zitellaggio coatto, ma il cui sottotesto è esattamente l’opposto, un film dove ognunA di noi si è in qualche modo identificata ad un certo punto della vita. Il vero cavallo di battaglia della meravigliosa Renée Zellweger: Il Diario di Bridget Jones (Bridget Jones’s Diary). Sfido chiunque, davvero chiunque, a negare di aver vissuto almeno una volta nella vita un momento “Alla Bridget Jones”. Magari avete fatto una figuraccia epica davanti a colleghi o amici, avete inviato un messaggio al destinatario sbagliato, oppure avete vissuto un appuntamento romantico che è finito in un disastro totale. O forse, vi siete innamorati della persona meno adatta, quella che tutti vi avevano sconsigliato, ma a cui non avete saputo resistere. In fondo, le disavventure di Bridget sono universali, e ognuno di noi può ritrovarsi in quelle piccole grandi tragedie quotidiane che, col senno di poi, fanno anche un po’ sorridere. La nostra cara Bridget nasce dalla penna di Helen Fielding, per poi trovare la vera consacrazione nella trasposizione cinematografica del 2001, con la regia di Sharon Maguire. Il successo del primo capitolo ha portato alla realizzazione di “Che pasticcio, Bridget
INTERVISTA ESCLUSIVA AD AMBROGIO CRESPI SUL FILM "STATO DI GRAZIA", DI LUCA TELESE
"Stato di Grazia", il film diretto da Luca Telese, racconta la straordinaria e dolorosa vicenda di Ambrogio Crespi, regista impegnato nel sociale e vittima di un incredibile errore giudiziario. Accusato ingiustamente di concorso esterno in associazione mafiosa, Crespi ha attraversato il buio del carcere e il dramma di una condanna in assenza di prove concrete. La sua storia, fatta di angoscia, ma anche di straordinaria resistenza e solidarietà, è diventata un simbolo della malagiustizia in Italia, accanto a casi come quelli di Enzo Tortora e Michele Padovano.Il film non è solo una denuncia, ma un’opera di formazione che invita a riflettere sul rapporto tra individuo e giustizia, narrando la forza di una famiglia che non ha mai smesso di lottare per la verità.Vi invitiamo a non perdere la messa in onda di Stato di Grazia il prossimo 27 dicembre in seconda serata su La7 e a seguire la nostra intervista esclusiva con Ambrogio Crespi, per approfondire i temi di questa vicenda tanto struggente quanto necessaria da raccontare.
N.24 - LA SAGA DI "ALIEN": STORIA, SIMBOLISMI E CURIOSITÀ (PARTE 15 DI 15: CONCLUSIONI ED OLTRE…).
Siamo arrivati alla fine di questo lungo viaggio dove abbiamo affrontato tutti i temi più importanti, tralasciando volontariamente tutte le relazioni con l’universo di “Predator” con cui, di fatto, la saga è in qualche modo legata.In questa lunga disamina abbiamo visto alternarsi cinque diversi registi con visioni decisamente differenti: lo Scott del 1979 è differente da quello del 2012 e del 2017, la visione di Cameron è diversa da quella di Scott, la visione di Fincher non è mai stata sufficientemente chiara (solo la “Assembly Cut” riesce a mettere un po' d’ordine) e quella di Jeunet sembra anticipare di vent’anni quello a cui giungerà Scott nel 2017 ma con un risultato differente, dal raggiungere un obiettivo puramente militare a quello evoluzionistico nel raggiungere la chimera dell’essere perfetto mentre con Alvarez si è ritornati dalle parti di Cameron facendo i dovuti distinguo.Fulcro dell’intera saga sono gli Xenomorfi (ancor più di Ellen Ripley) visti come simbolo di una forma vivente che ha subito una evoluzione e che si continuerà ad evolvere sempre più trasformandosi da esseri che uccidono solo per l’istinto di farlo ad esseri che uccidono per perpetuare la propria specie dando origine ad ibridazioni sempre più complesse ed evolute.La loro nemesi è simbolicamente costituita dal tenente Ellen Ripley, non un supereroe maschile ma una donna che scopriremo essere una madre che non ha mai potuto davvero vivere il piacere della maternità e della crescita della propria figlia, naturale o adottiva che sia.Una donna quindi privata della sua peculiarità naturale più importante che diventa simbolo dell’intera umanità, una razza che sembra avere come destino il fatto di non riuscire ad evolversi ulteriormente… Dal tenente Ripley alla Dott.ssa Shaw il passo è breve, entrambe donne, entrambe impregnate, entrambe non messe in grado di vivere la loro maternità sebbene per differenti motivazioni.Dall’altra parte
N.23 - LA SAGA DI "ALIEN": STORIA, SIMBOLISMI E CURIOSITÀ (PARTE 14 DI 15: ALIEN RESURRECTION).
Dopo l’estenuante odissea produttiva di Alien³, la Fox voleva continuare a sfruttare il franchise ma, memore dei fallimenti precedenti, fin da subito decise che la sceneggiatura sarebbe stata redatta da un solo ed unico sceneggiatore e a tal fine fu scelto Joss Whedon.Whedon si era già fatto un nome nel settore in quanto aveva scritto il film “Buffy l’ammazzavampiri” e, precedentemente, aveva revisionato le sceneggiature di “Speed”, “Waterworld” e di “Twister”.Rinnovo l’invito a non procedere oltre se non si è visto il film “Alien³” e il suddetto film. Whedon era un grande fan della saga e l’essere stato scelto per scrivere il nuovo film l’aveva inorgoglito come non mai ma il continuare la storia dopo la morte di Ripley non era affatto semplice, pertanto le soluzioni potevano essere molteplici…La Weaver aveva deciso di abbandonare il personaggio e d’altronde la fine di Alien³ poneva una pietra tombale su Ripley e quindi Whedon iniziò a scrivere la storia senza la presenza dell’iconico personaggio.Quando Whedon arrivò a redigere una storia completa la Fox cambiò idea venendo assalita da un atroce dubbio: davvero un film senza Ripley poteva avere lo stesso successo di quelli precedenti?La casa produttrice iniziò a fare dietrofront e grazie ad un compenso record (11 milioni di $) riuscì a convincere la Weaver a cambiare idea ma a patto che la sceneggiatura fosse stata di suo gradimento.Inizialmente Whedon fù stizzito da questo improvviso cambiamento ma, in seguito, si rese conto che la presenza di Ripley non poteva far altro che rendere la storia ancor più affascinante. Il problema quindi diventava in che modo riportare in vita un personaggio defunto…Whedon escogiterà una soluzione “biologica-molecolare” che riuscirà, contemporaneamente, ad assolvere a due compiti: il ritorno sullo schermo di Ripley e l’avvento di un Ellen molto diversa da quella conosciuta e venerata dal pubblico,
LOVE ACTUALLY: QUANDO IL NATALE DIVENTA L'OCCASIONE PER RACCONTARE TUTTI I TIPI DI AMORE
Cari lettori, benvenuti e bentornati al nuovo appuntamento con la rubrica “Cinema sotto l'albero”. Oggi vi parlerò di un film che è stato senza dubbio molto discusso: per i fan è una celebrazione delle diverse forme d’amore, mentre per i detrattori riflette i limiti culturali del suo tempo. Tutto questo e altro ancora è l’inglesissimo Love Actually - L’amore davvero (Love Actually), film del 2003 diretto da Richard Curtis. Quando si parla di film natalizi, Love Actually è un titolo che spunta fuori con la stessa puntualità di una pubblicità di pandoro a novembre. E ciò nonostante, ogni anno, finisco per rivederlo. Forse perché è rassicurante come un maglione di lana che pizzica un po', ma che non riesci a buttare via. Love Actually è una sorta di collage di storie d'amore, ci sono almeno otto trame principali (ho perso il conto a metà), alcune deliziose, altre un po' discutibili. Voglio dire, chi può dimenticare la scena di Andrew Lincoln con i cartelli? Iconica, sì, ma anche un po' inquietante. Se sei il miglior amico dello sposo, forse non dovresti dichiararti alla sposa in quel modo. Non avrei mai pensato di dire una cosa del genere riguardo alla scena che ho amato di più di questo film, ma anche una romanticona come la sottoscritta ha i suoi limiti e crescendo, ho iniziato a trovare il tutto un pelino raccapricciante piuttosto che romantico…e nemmeno troppo natalizio. Hugh Grant che balla per Downing Street, dimostra che essere il Primo Ministro del Regno Unito non ti esenta dall'imbarazzo pubblico. Una scena che, diciamolo, tutti abbiamo cercato di imitare almeno una volta davanti allo specchio.Certo, alcune storie funzionano meglio di altre. Colin Firth che impara il portoghese per amore? Adorabile. Ma il tizio che vola in America per rimorchiare ragazze perché “gli americani adorano
N.22 - LA SAGA DI "ALIEN": STORIA, SIMBOLISMI E CURIOSITÀ (PARTE 13 DI 15: ALIEN³).
Dopo il successo di “Aliens” era ormai chiaro che la saga degli Xenomorfi e del tenente Ripley aveva ormai piantato le radici nell’immaginario collettivo.La 20th Century Fox iniziava a smaniare per tirare fuori un terzo film ma, nel frattempo, il duo O’ Bannon-Shusett aveva, di fatto, abbandonato il franchise dedicandosi ad altre pellicole (“Tuono Blu”, “Il ritorno dei morti viventi”, “Invaders from Mars”, “Space Vampires”, “Total Recall” e “Screamers”).Toccava quindi alla coppia David Giler/Walter Hill (i fondatori della Brandywine) occuparsi della cosa ma i due non avevano alcuna idea su come proseguire la saga e già dal 1987 la confusione era notevole… Una delle primissime idee era quella di far svolgere il nuovo film sulla Terra: ebbene si, gli Xenomorfi sarebbero arrivati in massa sul nostro pianeta e fondendosi gli uni agli altri avrebbero dato vita ad una enorme creatura xenomorfa (dalle dimensioni simil Godzilla) che avrebbe distrutto New York. Un’altra idea poneva Ripley e la piccola Newt come le uniche sopravvissute della “Sulaco” le quali, arrivando sulla Terra, davano la caccia a uno Xenomorfo nella stessa metropoli di “Blade Runner” (ossia Los Angeles) e per questo motivo fu contattato William Gibson per redigere la sceneggiatura che poteva rappresentare, contemporaneamente, il sequel della saga e quello del film del ’82.La 20th Century Fox però era dell’idea opposta: il pubblico viveva e concepiva la saga come qualcosa di estremamente lontano dalla Terra, una minaccia letale ma che non riguardava il genere umano (ancora eravamo ben lontani da “Prometheus”…). Contemporaneamente, dopo “Aliens”, Sigourney Weaver è ormai diventata una star mondiale e riesce ad ottenere, fatto più unico che raro, la candidatura a miglior attrice protagonista (Gorilla nella nebbia) e non protagonista (Una donna in carriera) nella stessa edizione degli Oscar 1988 (per “Gorilla nella nebbia” vincerà il Golden Globe del 1989) e,
N.21 - LA SAGA DI "ALIEN": STORIA, SIMBOLISMI E CURIOSITÀ (PARTE 12 DI 15: ALIENS: COLONIAL MARINES).
Continuando ad osservare rigidamente la cronologia narrativa, occorre necessariamente parlare del videogioco “Aliens: Colonial Marines” sviluppato dalla software house Gearbox e pubblicato dalla Sega nel 2013, inerente gli eventi accaduti dopo la fine di “Aliens” e poco prima l’inizio della storia narrata in “Alien³”.Il videogioco risulterà essere un insuccesso anche e soprattutto per il suo travagliato sviluppo che causerà numerose critiche alla grafica e al gameplay (esattamente al contrario di quanto accadrà l’anno successivo con l’”Alien Isolation” della Creative Assembly), ma dal punto di vista squisitamente narrativo spiega molte cose che nel film di Fincher non erano chiare. Come sempre invito a non procedere nella lettura se non si sono visti “Aliens” e “Alien³”.Il gioco inizia con un videomessaggio inviato dal Caporale Hicks: “Caporale Dwayne Hicks, richiesta di assistenza. La mia unità ha subìto molte perdite su LV-426. Mi serve immediata assistenza a bordo della USS Sulaco. Unici sopravvissuti: io, due femmine di razza umana, una delle quali è una bambina e un sintetico pesantemente danneggiato. Tutti i Marine Coloniali in missione su LV-426 sono da considerarsi KIA. Ripeto: tutti Marine Coloniali in missione su LV-426 sono da considerare caduti in battaglia.”Siamo nel 2180 e ci troviamo all’interno della nave “Sephora” dove viaggia un battaglione di marines coloniali verso il pianeta LV-426 per prestare soccorso ad un messaggio inviato dal Caporale Hicks ben 17 settimane prima.Arrivati nei pressi del pianeta i marines scoprono che la “Sulaco” è anch’essa in orbita e questo fatto è molto strano dato che l’ultima volta era stata avvistata vicinissima al pianeta Fury-161 e pertanto, dopo aver attraccato alla nave, un gruppo di Marines entra dentro la “Sulaco” per indagare ma poco dopo il gruppo viene assalito da alcuni xenomorfi che mietono alcune vittime.Indagando, i Marines superstiti scoprono che dei mercenari assoldati dalla Weyland-Yutani hanno preso
NON TORNARE A CASA PER NATALE, IL NUOVO LIBRO DI JESSICA SEPE
Non tornare a casa per Natale, il nuovo libro di Jessica Sepe, (la prof dell'horror), è disponibile su Amazon sia in formato cartaceo che E-book. https://www.amazon.it/tornare-casa-Natale-Jessica-Sepe/dp/B0DNYZGQ11/ref=tmm_pap_swatch_0?_encoding=UTF8&dib_tag=se&dib=eyJ2IjoiMSJ9.CMc44z-uLzTl6xopkZeKEg.CMHqciWM_JG12w2O6rQp8PMM9vNAWUXZB4eJ6-lyUoo&qid=1733435810&sr=1-1 LA SINOSSI Una vita felice col passare del tempo muta in uno sbiadito ricordo per Libero. Ha perduto la moglie, e quando suo figlio deve trasferirsi lontano per motivi di lavoro, portando con sé la sua nipotina, la solitudine nella sua anima non lascia spazio ad altro se non a un'unica, possibile decisione. Abbandonare la città dove ha sempre vissuto pur non amandola, per cercare la quiete in un eremo ricco di pace. Lì inizia una nuova esistenza, e ben presto, qualcuno porterà scompiglio in quella realtà rinnovata, fatta di aria pura, vegetazione, e tranquillità. Una creatura piccolissima e apparentemente indifesa incrocia il suo cammino, ed è pronta a rivoluzionare tutto il suo futuro. L'uomo non sa da dove provenga quell'essere buffo, dall'aspetto alieno e strambo. Non sa chi sia, o cosa sia, eppure, ha fatto breccia nel suo cuore solitario. Quella convivenza iniziata con fiducia e serenità si trasforma ben presto in un incubo, e quando Libero si pente di aver accolto quell'estranea bestiola nella sua dimora, ravveduto e spaventato, tenta con ogni mezzo di disfarsene, ma forse ormai, è troppo tardi. L’AUTRICE Jessica Sepe, in arte la Prof dell’horror, comincia a muovere i primi passi artistici nell’ambito musicale. Inizia come cantante black/death metal nella veste di Lucifera, rilasciando due album e qualche singolo, per poi dirigere il suo interesse verso la sua scrittura.Come scrittrice, pubblica ben quindici libri. Varie storie distopiche (NObody, 2075-Apocalipsa, Lovend, Io non ho credito – Pass(i)vita, Solaria), ma non mancano racconti horror tradizionali (Non mentirmi, Stalker fino alla (tua) morte, Le stagioni dell’amor(t)e, Asteria, Finché morte ci separi, I kill my fan), in cui spesso sono protagonisti serial