La zona d'interesse

Film
8,0
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La zona d'interesse è un film con Christian Friedel, Sandra Hüller, Medusa Knopf, Daniel Holzberg, Ralph Herforth Cast completo. Regia di Jonathan Glazer. Titolo originale The Zone of Interest, durata 105 minuti. Generi Dramma, Guerra.
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recensioni

CONTRO CAMPO DI CONCENTRAMENTO di  Stefano De Rosa Stefano De Rosa
La sensazione più ricorrente che ho provato durante la visione di questo capolavoro è stata quelli di un profondo, profondissimo fastidio che mi sono portato a casa e che continua a stare con me. Obiettivo di Glazer è proprio questo: infondere, radicare in noi una insopportabile sensazione di fastidio…” perché è successo tutto questo? perché sta succedendo ancora?” Quella stessa sensazione di fastidio che si prova guardando la celeberrima scena della spiaggia in UNDER THE SKIN (che ad oggi per me rimane insuperata per livelli di tensione, angoscia e pathos) e anche lì ci chiediamo perché? perché non fa niente? domanda che automaticamente ci viene da ribaltare su tutti noi…perché non facciamo niente? E Glazer vuole che questo fastidio ce lo portiamo a casa…la musica straniante di Mica Levi (immensa anche in UTS) con cui inizia film ritorna dopo l’ultima immagine, come monito incessante… La poetica di Glazer si basa sui contrasti, sugli opposti, che stimolano, attivano la reazione dello spettatore che è portato a farsi mille domande sulla natura umana, sulla solidarietà, sulla mancanza di solidarietà, sull’amore, sull’odio, sulla solitudine (Höss in fondo è un uomo solo, solissimo), sulla morte…Contrasti ce n’erano tantissimi in UTS e ce ne sono ancora di più in TZOI, come:la doccia della piscina che perde acqua (simbolo di vita) che richiama le “docce” delle camere a gas;stesso discorso per le api che favoriscono la vita riprese sui fiori coltivati con la cenere dei prigionieri morti;e per la cenere nell’acqua del fiume;e per i girasoli e i crisantemi;la vite che copre il muro…nel Vangelo la chiesa d'Israele è paragonata alla vigna nella quale Gesù rappresenta la vite;la camera termica che nel freddo della notte riprende l’animo caldo della ragazza polacca;subito dopo sempre Alexandra suona al pianoforte le note che ha trovato su un pezzo di Leggi tutto
Recensione di  Enrico Vigorito Enrico Vigorito
SoundtrackDirectionScreenplayCostumesScenographyActing
"La zona d'interesse" di Jonathan Glazer offre uno sguardo implacabile e sconcertante sull'olocausto, attraverso la prospettiva di una famiglia tedesca che vive letteralmente all'ombra dei campi di concentramento. Il contrasto tra la normalità apparente della vita familiare e l'orrore indicibile degli stermini che avvengono nelle vicinanze è reso in modo potente e inquietante. Glazer fa uso magistrale della musica e del sonoro per trasmettere un senso di terrore e oppressione che pervade ogni scena.Nel cuore di questa oscurità, emerge un raggio di speranza incarnato da una bambina che porta mele ai deportati, un gesto di umanità che brilla nel buio della disperazione. L'uso della termocamera per illuminare questa scena conferisce un tocco magico e simbolico, sottolineando la luce della speranza anche nei momenti più bui.Ogni dettaglio delle scene parla è uno spaccato sulla condizione umana e sulla natura dell'orrore che si cela dietro le apparenze. Il finale in particolare rappresenta un potente momento di sospensione, in cui il corpo reagisce all'orrore anche se la mente resta insensibile, anticipando il destino di Auschwitz come museo dell'orrore eternamente condannato.Tuttavia, il film va oltre la mera denuncia dell'orrore passato, portandoci a riflettere sul modo in cui la società contemporanea tende a chiudere gli occhi di fronte ai tragici eventi del passato (e del presente). L'archiviazione dell'orrore nei musei può farci dimenticare la sua realtà viva e attuale, rendendo facile ignorare la sua persistenza nel mondo moderno. "La zona d'interesse" è un'opera che non solo ci spinge a ricordare il passato, ma ci costringe anche a confrontarci con il presente e a interrogarci sulle nostre responsabilità morali di fronte all'orrore umano. Leggi tutto
La quotidianità che rischia di nascondere la straordinarietà di  Diego Cineriflessi Diego Cineriflessi
Ammetto fin dalle prime righe che La zona di interesse mi ha mandato in crisi, tanto da far fatica a scrivere qualcosa. Visto da più giorni sto cercando di farlo sedimentare ma è difficile. Da un alto abbiamo una forma ineccepibile. Un'idea di regia (camere fisse in stile reality) e attori liberi di muoversi in scena senza troppe istruzioni che conquista e rende La zona di interesse unico. Una via di mezzo tra il Dogville di Von Trier e Un Grande Fratello macabro. Dall'altra abbiamo la quasi assenza di sceneggiatura. Una sorta di stasera si recita a soggetto dove i personaggi devono spassarsela coi soldi guadagnati dal capofamiglia sulla vita di altri umani. Sviluppo dei personaggi quasi pari a zero, studio dei caratteri altrettatnto. Ma anche qui una domanda mi attanaglia. Quanto è giusto sottintendere in un film che tratta un orrore come l'olocausto? Bastano piccoli accenni per rendere la crudeltà della cosa? L'olocausto si può mostrare, lo hanno fatto in tanti, qui può bastare il riferimento ai forni, i colpi di fucile uditi in lontananza o il fumo grigio? Mi sono messo nei panni di uno spettatore poco avvezzo e poco informato, non credo che si otterrebbe il risultato voluto dal regista. Poi arrivano le scene girate con la termocamera a visione notturna in cui una bambina nasconde pezzi di cibo per i detenuti. In un mondo al contrario queste scene non possono che apparire in negativo e questo è un altro colpo d'ala che mi fa apprezzare il film. Alla fine trovo davvero difficile sintetizzare un film di cosi difficile fruizione, che ha convinto Cannes dove ha vinto il Gran Premio della Giuria e si prepara a strappare almeno l'oscar per il miglior film internazionale, ma che nascondendosi nella quotidianità del male rischia di perderne l'enorme straordinarietà. Leggi tutto
Recensione di  Balkan Castevet Balkan Castevet
The Zone of Interest tratta l'orrore dell'olocausto non mostrandolo direttamente, l'orrore è continuamente percepito dallo spettatore tramite i dettagli, ciò che accade sullo sfondo delle inquadrature.E' perciò un film sui muri che ci costruiamo per non vedere l'orrore, tutto ciò mostrando la famiglia Hoss che vive alle soglie di Auschwitz; Glazer mostra la quotidianità della famiglia e ciò rende tutto il discorso del regista, la percezione dell'orrore molto potente, perchè appunto la famiglia vive pensando a tutt'altro, alla loro quotidianità nonostante ciò che accade al di la del muro.Glazer già da subito da forza al film, il titolo in bianco su sfondo nero appare sfocato, questa sfocatura che si protrae verso l'alto anticipa i fumi, quindi gli orrori, che provengono dal campo; anche la prolungata inquadratura in nero suggerisce l'ingresso verso l'oscurità, verso l'incubo.La regia è molto elegante, la costruzione delle inquadratura ottima, di fatto c'è proprio una ricerca meticolosa nel mostrate la tenuta degli Hoss perfetta, si da sempre molto spazio all'ambiente, al giardino, ai fiori.La profondità di campo è notevole e ciò da molta espressione alle inquadrature, anche le coreografie dunque dei personaggi che si muovono in scena sono curatissime.Da notare come le inquadrature non sono pienamente “centrate”, anche qui Glazer pone un gioco di falsare la prospettiva, la quotidianità nella tenuta, il bel giardino, lo status elevato della famiglia ma le inquadrature non danno comfort, tutt'altro.La scelta di dare un forte spazio all'ambiente oltre ad enfatizzare gli scenari da anche infatti una sensazione di estraneità e di isolamento specialmente per Rudolf, il direttore di Auschwitz.Il terrore e l'inquietudine sono dati proprio dai dettagli, il fumo nero che esce dalla ciminiera del campo, i treni che passano sullo sfondo, Glazer non mostra direttamente l'orrore ma questi dettagli parlano chiarissimo e perciò risultano ancora più incisivi e terrificanti.Questo anche Leggi tutto

trama

Liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Martin Amis, "La Zona d’interesse" è la storia di una famiglia tedesca apparentemente normale che vive - in una bucolica casetta con piscina - una quotidianità fatta di gite in barca, il lavoro d’ufficio del padre, i tè della moglie con le amiche, le domeniche passate a pescare al fiume. Peccato che l’uomo in questione sia Rudolf Höss, comandante di Auschwitz, e la deliziosa villetta con giardino in cui vive con la sua famiglia in una surreale serenità è situata proprio al confine con il campo di concentramento, a due passi dall’orrore, così vicino e così lontano.

trailer

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