Adattamento cinematografico del romanzo omonimo di Hannelore Cayre, pubblicato nel 2016, la storia segue la vita di Patience Portefeux, una traduttrice francese che lavora per la polizia di Parigi. Patience è una donna, vedova con due figlie, che dedica gran parte della giornata al lavoro. Un giorno, si trova a dover tradurre un'interrogatorio di un giovane sospettato di traffico di droga. Patience si rende conto che può trarre un profitto da questa vicenda e decide di sfruttare questo vantaggio per iniziare una nuova “carriera”.
In bilico tra il thriller e la commedia, il film sguazza con piacere in questa commistione di generi, andando a parare esattamente là dove ci si aspetta. Il ruolo di "imbranata" trafficante ben si confà a Isabelle Huppert, che risulta credibile e persino talvolta simpatica. O almeno si parteggia per lei, in quello che il cinema ormai ci ha abituato da tempo essere sinonimo di ruolo preferito dal pubblico: l'antieroe.
Ecco, questa prevedibilità è forse il limite della pellicola, che sorprende poco, pur provando a mettere talvolta in difficoltà la protagonista. Manca, in definitiva, uno scopo, che non sia quello scontato di far passare un paio d'ore allo spettatore. Che, certamente, è l'anima della commedia (all'italiana si sarebbe detto una volta, oggi molto di più “alla francese”) , ma che deve essere accompagnata da un "perchè". Forse sarebbe servito spiegare meglio le motivazioni della transizione da collaboratrice della polizia a “padrina”, che risultano chiaramente economiche (la madre da curare, l'affitto da pagare) ma non sufficienti forse a rischiare tutto.