Recensione di   Roberto Flauto Roberto Flauto

Meander

(Film, 2021)

Meandre

Meandre è un film con tante forzature, con tante mancanze e tanti eccessi, che però non mi hanno impedito affatto di volergli bene. Si mantiene costantemente in bilico tra la riflessione filosofica e la retorica nonsense tipica di certe opere che vogliono darsi arie intellettuali, a mio avviso non riesce a raggiungere la prima dimensione, ma non scade assolutamente nell'altra. Insomma, un film suscettibile di numerso - e certamente divergenti - letture e interpretazioni. 

Devo dire che fin dal momento del risveglio, o forse dal momento in cui lei si infila nel primo cunicolo, ho pensato di trovarmi di fronte a un film fantascientifico. Col passare dei minuti ho maturato l'idea che fosse effettivamente uno sci-fi di natura "esistenziale", con derive - più o meno riuscite - metafisiche. Lei, secondo me, è morta. Quei meandri nei quali si ritrova a strisciare sono, forse, quelli della sua mente, resi sullo schermo come correlativo oggettivo di quello stato di sospensione, attesa, tormento e angoscia tipico del passaggio tra uno stato e un altro. Tra la vita e la morte. O meglio: tra la morte e la non vita. Quel poi a cui tutti noi abbiamo dato, non tanto una collocazione, ma un volto: quello di chi amiamo. E per lei quel poi (paradiso? aldilà? mondo altro?) ha il volto di sua figlia. Che non è più corpo - come lei ora, del resto: per questo non può seguirla nel cunicolo - ma è ricordo, memoria, astrazione, idea, stato d'animo, o più semplicemente anima.

Un'immersione (forzata, inevitabile) nei meandri del proprio sé, che ha l'eterna durata di un battito di ciglia, un passaggio, un viaggio folle e - apparentemente - insensato, come del resto è la vita stessa. Per poter rinascere, senza corpo, senza vita, senza futuro, ma con la mano della persona che ami che stringe la tua.