Favolacce

Nutrivo grandi speranze e avevo tanto timore. Per lo stesso motivo: La terra dell'abbastanza è bellissimo. Quindi mi sono avvicinato a questa opera seconda con la consapevolezza di trovarmi di fronte a un prodotto di due registi di assoluto talento, e allo stesso tempo con la consapevolezza del fatto che, parafrasando Caparezza, il secondo film è sempre il più difficile nella carriera di un regista. Un esempio lampante è Von Donnersmark: ha realizzato quella meraviglia assoluta, opera prima, che è Le vite degli altri poi The Tourist. Insomma, l'opera seconda, soprattutto se la prima è stata ottima, rappresenta una sfida immane. Vabbè, sto preambolo è durato pure troppo, volevo solo dire qual era il mio stato d'animo nell'approccio a questo film.

Dunque, Favolacce è magnifico. L'opera seconda ha "superato" la prima. E ne sono davvero contento. Già il titolo mi piaceva tanto, il ché può sembrare una cazzata o una fissa tutta mia, ma ho sempre ritenuto fondamentale il titolo, il nome, che designa il prodotto. E' meno facile di quello che può sembrare. "Favolacce" è un titolo perfetto. Come perfetto è il film nel suo complesso.

Amo questo genere di narrazione, e amo questi temi: l'assenza, lo smalto sul nulla, la sottrazione, lo sfaldarsi della vita, la dispersione. Ci sono istanti e istantanee che spiazzano e stordiscono. Tutte impeccabili, significative, cariche di senso, studiate nel dettaglio. Come la telecamera che indugia qualche secondo sul piede della neomamma distesa sulla sdraio (quasi un correlativo oggettivo di quello "smalto sul nulla" di cui dicevo prima, alla Gottfried Benn); o quel taglio nella piscina, quell'acqua che scorre via indifferente e travolge tutto (come la vita di questi adulti: senza possibilità di riemergere); e tante altre.

La disperazione - intesa come assenza di speranza, come estinzione della fiducia - ancora una volta, e per certi versi (poetici) in maniera ancora più marcata, serpeggia ovunque. Quella tv che ripete quella notizia di morte è un po' come quella porta che si chiude nel finale di Miss Violence; o come quella porta che si chiude in Loveless, incapace di resistere al flusso di quell'acqua accoltellata da un padre senza cuore (un Elio Germano spettacolare, come tutto il cast, del resto).

I rimandi, poi, sono tantissimi (forse qualcuno ha senso solo per me): non solo cinematografici - per esempio, il Solondz di Palindromi (quella scena in riva al lago, la bambina distesa) - ma anche letterari: ho rivissuto alcune sensazioni che provai leggendo Il ragazzo morto e le comete di Goffredo Parise, non so perché.

Insomma, c'è davvero tantissimo da dire, ma soprattutto, e questo mi entusiasma, c'è tantissimo da amare, perché Favolacce è un film splendido. Un'opera seconda, la più difficile da realizzare, che è riuscita alla grande.
Una fiaba senza via d'uscita, perché una volta entrati nel bosco ci sono solo buio e asfissia.