E lui una notte

 

 

Se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita.

(Gv 6:53)

 

 

 

L’oceano accarezza la terra. Si frange lentamente sulla riva. Il rumore cadenzato delle onde culla il mondo. Un sonoro inquietante accompagna alcune figure che si stagliano sullo schermo. L’oceano è sempre lì a comporre le sue liriche. Siamo su un’isola. C’è un resort di lusso. Arrivano i turisti. Tra loro c’è un uomo sovrappeso, trasandato, di cui non sappiamo nulla. Si chiama Mike. Non lo lasceremo mai. Fin da subito, esercita una magnetica e inspiegabile attrazione sul personale della struttura e sugli ospiti. Più che i divertimenti offerti dal resort, sembra cercare altro. Forse un limbo, un vuoto, una sospensione. Osserva il mare che è già oceano. Parla poco. Mangia in eccesso, non sembra mai sazio. Tutti lo osservano con ammirazione. Una mattina, passeggiando sulla riva, incontra un polpo gigante arenato sulla battigia. Il polpo gli parla – con una voce suadente e calda – e gli sussurra delle misteriose profezie, rivelazioni che l’uomo accoglie con il suo solito indecifrabile silenzio. Poi il polpo affonda e sparisce nelle profondità oceaniche. “Che la tua voce risuoni. Che il tuo sguardo attragga. Che il tuo cuore illumini. Che la tua mente si emozioni. Che il tuo sesso si erga”. Mike sviluppa poteri taumaturgici. Sussurra inudibili parole di vita, affiora in lui la scintilla creatrice. Gli ospiti e il personale tutto vedono in lui una presenza divina, una manifestazione dell’infinito. E mentre tutti lo idolatrano, lui comincia ad autoditruggersi: abbandona le medicine per curare il diabete e mangia in continuazione, in maniera compulsiva. E più il suo corpo si deteriora, più il villaggio e l’isola sprofondano in un caotico degrado. Il suo corpo va in cancrena, e una tempesta arriva sull’isola, ormai abitata soltanto da pochi membri del personale. Il mondo intero sembra essere in attesa del verbo di Mike, e lui una notte, nella sua ultima notte, cammina nudo, trascinando un corpo ormai morto, e giunto a riva, come il polpo, anche lui entra in acqua e si inabissa nell’oceano - che dolce accarezza la terra. Da questo sacrificio, tutto torna in fiore.