Un film vitale e pieno di energia, che partendo da un’oppressiva (ed assurda) tradizione locale giunge ad altissimi picchi di ironia.
Nella cittadina macedone di Stip infatti ogni anno viene organizzata una cerimonia religiosa. Chi, secondo la tradizione, riuscirà a raccogliere la croce gettata nel fiume vivrà un anno intero di fortuna e prosperità. Solo che questa apparentemente innocua tradizione prevede che a partecipare siano i soli uomini. Così, quando la corpulenta Petrunya del titolo si getterà in acqua e riuscirà nell’impresa di raccogliere la croce, verranno alla luce una serie di tensioni e conflitti a lungo sopiti, destinati a sconvolgere per sempre l’equilibrio e la normalità di quell’inizialmente impersonale realtà cittadina macedone.
Sì, perché quel mondo e quel contesto, prima del gesto “iconico” di Petrunya, è infatti scandito dalla ripetizione continua di azioni quotidiane, vincolate dogmaticamente a convenzioni imprescindibili. Questa, in effetti, l’idea che sta alla base del concetto di tradizione. Un rispetto anche illogico, irrazionale nei confronti di un evento o di un’azione solo in virtù del passato che lo fonda. È sempre stato fatto così, e allora perché cambiare. E allo stesso modo: non si è mai fatto così, perché bisognerebbe farlo ora. Si crede e ci si affida, senza porsi troppe domande, alla lunga storia che fonda la nostra quotidianità.
Questa dimensione irrazionale è proprio quella che è stata sfruttata e potenziata tecnicamente da tanto cinema contemporaneo che, in misura diversa, ha riflettuto sul concetto di tradizione. Da Midsommar a The Witch, a più recente Scales, un capolavoro arabo visto alla Mostra del cinema di Venezia di qualche anno fa: il visionario e l’oltre-reale (spesso orrorifico) diventano vie di accesso principali (perché più immediate) per raccontare qualcosa di estremamente irragionevole e spesso inconciliabile.
Ma, in questo caso, la regista Teona Strugar Mitevska interpreta variazioni sul tema, ricorrendo ad un’altra sfaccettatura dell’irrazionale: l’ironia, nella sua componente più surreale e contraddittoria, perché tale è l’idea che sta alla base del concetto di tradizione.
La stessa protagonista Petrunya (una Zorica Nusheva che stupisce ad ogni scena) vive, prima della fatidica impresa, un’esistenza piatta, apatica, in cui nulla sembra portarla alla ribalta. È bloccata al limite di una società che impone range di normalità in ogni contesto. Per cui, se non rispetti determinate condizioni, non puoi vivere, lavorare e persino partecipare ad una funzione religiosa.
Petrunya è una trentenne anonima, una delle tante, come quel busto di manichino senza una reale identità che l’accompagna nelle prime scene del film. Fino a quando ci sarà quel tuffo, quell’impresa, quel recupero di una croce riservata ai soli uomini. E nulla sarà lo più stesso. E quel manichino, simbolo del suo anonimato esistenziale, rimarrà lì in acqua, perché Petrunya, a quel punto, sarà considerata. Sarà odiata, insultata, picchiata, ma qualcuno si sarà finalmente accorto forse di lei.
L’impresa di Petrunya diventa così emblema di quel dialogo impossibile tra buonsenso e testardaggine, tra ostinazione e ragionevolezza. Ella si pone come intermediario scandaloso nella lotta millenaria tra Chiesa e Stato, tra regola e legge, realtà di potere che hanno spesso escluso tutte le donne dalla partecipazione attiva.

Tutti si chiedono il perché di quel gesto considerato tanto ignobile. E in questa generale ricerca della causa prima, i media provano semplicisticamente a trovare una risposta, una giustificazione, che ricade ovviamente su un significato sociale, di provocazione, come accadeva in Joker, dove le pulsioni personali di Arthur venivano erroneamente considerate come collettive, in un’ottica di classe.
Ma il fatto stesso che tutti cerchino un motivo all’azione di Petrunya rivela la natura iniqua del sistema in cui vivono. Perché in fondo essere liberi significa poter agire senza un perché, per volontà, per impulsività, per sentimento.
E così come è sacra quella croce che Petrunya pesca dal fiume, dovrebbero essere sacri tutti i diritti delle donne. Solo che molti, purtroppo, li lasciano giù, immersi nel profondo dell’acqua.