Trilogia del Batzan (Parte II): Inciso nelle ossa

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A due anni dall'avvio della trilogia con “Il Guardiano invisibile”, visto il successo ottenuto, lo staff tecnico e il cast degli attori rimane immutato e questo è un bene.

 

Se nel primo film la regia di Molina appariva fin troppo scolastica, come se il regista avesse paura di sbagliare e cercasse di seguire le regole del mestiere alla lettera, questa volta appare più disinvolto e più libero di dirigere un film che è, oggettivamente, superiore al primo episodio in tutti gli aspetti: ritmo, drammaticità, intrecci ed interpretazioni.

 

La storia riprende circa 9 mesi dopo la fine de “Il Guardiano invisibile” ma ovviamente non posso entrare nei dettagli perché finirei con rivelare particolari importanti del film precedente.

 

Il film ha un prologo: siamo nel 1611, in Navarra (la regione del fiume Batzan), e lo spettatore prende atto che, a quel tempo e in quel luogo, la credenza nella magia e nella stregoneria era talmente diffusa da portare i più invasati a sacrificare i neonati in nome del culto di alcune divinità.

Ritorniamo ai tempi nostri, nove mesi dopo la conclusione del primo film.

L'Ispettore Amaia Salazar è diventata mamma ma purtroppo una nuova catena di suicidi la riporta nuovamente ad Elizondo, paese protagonista delle vicende passate, anche perché questi suicidi sembrano avere lei come punto in comune, pertano il Commissario la invia nel suo paese natio ad investigare nuovamente: forse la catena di omicidi del primo episodio non è ancora terminata.

…e così Amaia ritorna nei luoghi della sua infanzia ma stavolta, rispetto al passato, non è una bambina e neanche una poliziotta coraggiosa e spavalda: è una mamma e un figlio può dare una forza immensa ma anche costituire un pericolosissimo tallone d'achille.

Gli omicidi hanno una parola in comune “Tarttalo”, il nome di un gigante con un occhio solo (simile a Polifemo) la cui leggenda narra che viva nelle montagne e che si nutri di uomini.

La Polizia infatti scopre che questa parola è presente in tutti i luoghi dove stanno avvenendo i suicidi e quindi appare sempre più evidente che c'è una relazione tra i bambini di Elizondo e questa sorta di setta ancora del tutto sconosciuta…

Parallelamente alle indagini, Amaia si è resa conto che la madre Rosario non può stare nella clinica dove era ricoverata nel primo film e decide di affidarla alle cure di Padre Sarasola che dirige una clinica molto avanzata nella cura delle malattie mentali, finanziata dalla Chiesa Cattolica.

Dopo un po' di tempo l'Ispettore va a vedere come sta sua madre, la cui cella non rende possibile il vedere al di fuori, ciò nonostante la donna percepisce la presenza della figlia e le sorride in tono minaccioso…

Molina riesce sempre a tenere alta la tensione e nonostante questo sia un episodio intermedio, occorre dire che riesce ad attanagliare l'attenzione dello spettatore fin da subito che non vedrà l'ora di vedere il terzo e conclusivo atto di questo avvincente thriller.

 

Ottima, come nel precedente film, l'interpretazione di Marta Etura ma anche il resto del cast è all'altezza della situazione. 

 

di Rael70