Un affresco sull'amore interessato

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Ari Aster è uno dei registi contemporanei più conosciuti in ambito horror dato che nel giro di due soli anni sforna due ottimi titoli come “Hereditary” del 2018 e “Midsommar” del 2019, quest'ultimo, a mio parere, fin troppo sopravalutato e fin troppo ambizioso, seppur sempre di alto livello qualitativo.

 

Dopo una lunga pausa, nel 2023 il newyorkese Aster ritorna sul grande schermo con una opera decisamente ancor più ambiziosa di “Midsommar”, un film lungo 3 ore che ha il suo fulcro narrativo in un unico personaggio, Beau appunto, interpretato in maniera decisamente convincente dal premio Oscar Joaquin Phoenix.

 

Questo è uno di quei film in cui la trama ha una importanza secondaria (inutile dire che in più di una occasione mi è tornato in mente “Synecdoche, New York” per la somiglianza su determinate strutture narrative e visive) mentre è decisamente più importante l'analisi del messaggio che il regista vuole trasmettere agli spettatori.

 

 La storia in sé è la cosa più semplice che si possa concepire: Beau Wessermann è un uomo di circa quarant'anni che vive in un quartiere decisamente malfamato di una non meglio identificata città americana. 

Nel suo quartiere c'è di tutto e di più: droga, prostituzione, violenze, furti, omicidi, degrado, immondizie e quant'altro…

 

Lui è decisamente spaventato da questo ambiente in cui si trova, letteralmente, come un pesce fuor d'acqua e fa di tutto per cercare di non aver contatto con nessuno (sostanzialmente rischia la vita ogni giorno).

 

Beau non ha un equilibrio psicologico stabile e pertanto si reca, costantemente, dallo psicologo che lo conosce già da tanto tempo: una delle principali motivazioni della terapia farmacologica che gli viene somministrata risiede nel conflittuale rapporto con la madre di nome Mona, un conflitto che sta cercando di risolvere, finora, senza esito positivo.

 

Un giorno Beau riceve una telefonata proprio dalla mamma: è stato invitato per il compleanno e Mona non sta nella pelle nel poterlo riabbracciare al più presto.

Tutto sembra già pronto (i biglietti aerei in primis) ma purtroppo Beau, dopo una notte insolita ed insonne, la mattina si sveglia in ritardo e rischia seriamente di non riuscire a prendere il volo.

 

Con tanta foga, impeto e ansia l'uomo cerca di abbreviare al massimo i tempi (lavarsi, vestirsi, prendere i bagagli, i biglietti) ma, ahimé dimentica le chiavi di casa appese alla porta e quando se ne rende conto e torna indietro il suo appartamento è già stato preso da tutti i malviventi del quartiere: in poche parole è stato sfrattato e contemporaneamente ha perso il volo.

 

Da questo momento parte il film ma occorre fermarsi nella narrazione perché il surreale la farà da padrona fino alla fine e non voglio rivelare nulla.

 

Chi avrà la voglia e la pazienza di vedere questa opera, ne sono certo, rimarrà sbigottito e alquanto titubante su quale chiave di lettura attuare.

 

Continuo a dire che c'è molto di Synecdoche (per chi ha visto il Capolavoro di Kaufman), c'è un viaggio surreale che esplora le profondità dell'inconscio umano, c'è la descrizione dell'amore interessato (in senso psicanalitico), c'è il confondere continuamente una realtà razionale che, di fatto, sembra essere sempre in bilico e continua, incessantemente a fornire incertezze allo spettatore.

 

E' dunque un Capolavoro?

A mio parere pur essendo un film certamente sperimentale (completamente agli antipodi da Hereditary e Midsommar), recitato in maniera sopraffina da tutti gli attori (come non menzionare l'ottima Patty Lupone (Mona)) e con soluzioni registiche raffinate, il film ha la tendenza ad incartarsi fin troppo facendo perdere ogni riferimento logico-narrativo al pubblico.

 

Sicuramente da vedere almeno una volta.

 

di Rael70