La realtà è una finzione, fatevene una ragione!

Amanti dello splatter, cosa posso dirvi, se non che, questa pellicola di sicuro non fa per voi! E nemmeno tanto per me, a dirla tutta. Lo ammetto, durante il primo quarto d'ora, ho guardato il letto, e ho pensato: ma sì via, quasi quasi, mi ci getto. Poi però, lentamente, la trama ha cominciato a carburare, pur mantenendo delle pecche che non posso tralasciare. Il principio, innanzitutto, è piuttosto confusionario, caotico, fatica a delineare bene ciò che sta accadendo, e anche l'introduzione delle caratteristiche dei personaggi, è un torbido e disordinato crescendo. E che dire delle finestre su cui avviene la parte succosa della storia, o ti metti degli stecchini per tenere spalancati gli occhi, o se poco poco ti si chiudono mezzo secondo, perdi qualcosa di probabilmente interessante. Eh no, non si fa così cocchi!

 

Ora, dopo essermi munita di binocolo, avendo lo schermo distante quattro metri, ho proseguito la visione con aspettative più che buone. Lamentando la mancanza di gore, che mi ha provocato un pochino di orticaria, (ok, più di un po', forse a un certo punto mi è perfino mancata l'aria), ho apprezzato la virata del sequel su uno spunto decisamente stimolante: il dark web. Chi non ha mai fantasticato su di esso? Io parecchie volte, e la scelta è indubbiamente intrigante. Il povero Matias, interpretato da Colin Woodell, compie un'azione fin troppo azzardata. Impossessarsi di un portatile teoricamente smarrito, che cela verità spiacevoli, letteralmente sgradevoli. Non c'è che dire, tra milioni di plausibili proprietari, beccare un hacker è una sfiga esagerata! Non ci vorrà molto per restare immischiato in un gioco pericoloso, e trascinarci dentro i suoi amici in una chat allarmante ed esasperata.

 

Personalmente non apprezzo particolarmente le riprese mostrate tramite lo sfondo di un laptop, e di horror, non ne ho visto molto, lo etichetterei come un discreto film di suspence, nulla di più. Il suo lavoro lo fa bene, pur avendo una sceneggiatura un filino forzata e ai limiti dell'inverosimile. Dopo un decollo lento intatti, riesce a catturare l'attenzione, e cresce la voglia di scoprire come andrà a finire, anche se, un lieve sospetto a una certa incomincia a venire. Stephen Susco realizza un prodotto teso, anche grazie all'inserimento delle figure degli utenti chiamati Caronte, che risultano abbastanza inquietanti. 

Sei e mezzo, soprattutto per la love story tra il protagonista e Amaya, una ragazza sordomuta, che viene coinvolta suo malgrado in quel guazzabuglio pasticciato. Ho trovato molto romantico il tentativo di lui di salvarla a ogni costo. In un mondo dove spesso le relazioni sono finte, e passano attraverso la rete sociale, un sentimento vero, autentico, può ancora far sognare, in mezzo a tanto male...