Olga e Marie, madre e figlia, sono in cucina.
In toni sempre più accesi cominciano a discutere.

Odio, amore, empatia, rabbia, parte un dialogo, l'ennesimo, che definire capolavoro è poco.

Mentre loro discutono (e mi dispiace un sacco che lo spettatore medio queste cose non le nota, non perchè non capace di farlo ma perchè non abituato) la macchina da presa si sposta continuamente, senza nemmeno uno stacco.
 Ora è davanti a lei, ora davanti l'altra, ora fa qualche passo e cambia angolazione, ora segue una lasciando l'altra.

Circa 10 minuti di piano sequenza di puro dialogo che sono qualcosa di impressionante.

Tecnicamente, emotivamente, come scrittura.


 

Cito questa scena perchè ricorderò a vita As Bestas come uno dei film più grandi che io abbia visto questi anni in quanto a dialoghi ed interpretazioni.

Sarei stato ore ed ore (e il film è già lunghissimo) ad ascoltare quei 5 personaggi, a vederli discutere, a cercare di leggerli.

Se non fosse che As Bestas è anche un film dalle grandissime location esterne (in una campagna galiziana al tempo stesso bellissima e respingente per solitudine e "scomodità") questo è un film che portato a teatro sarebbe devastante.

Però voglio gli stessi 5 attori lì sul palco cazzo.


 

In montaggio analogico andiamo adesso ad un altro dialogo, forse il dialogo "madre" (o padre?).

Siamo al minuscolo e spoglio bar di quella terra minuscola e spoglia.
Xan sta discutendo (una delle tante volte) con Antoine, il "francesino" che non solo ha avuto il coraggio di andare a vivere lì, in quel paesino di 15 abitanti 15 dimenticati da Dio, ma che si sente addirittura "di casa", "padrone", e ha votato contro l'arrivo delle pale eoliche, arrivo che avrebbe sì cancellato quelle 4 case in croce che ci sono, ma anche portato tanti soldi a quei derelitti.

Ecco, li troviamo, Xan ed Antoine dico, proprio mentre stanno discutendo di questo.

Sono entrambi al bancone.

Anche questa scena è formalmente un piano sequenza (nessuno stacco) anche se a camera fissa.

Ora, sono 3 le cose che dobbiamo notare.

La prima è la straordinaria interpretazione dei due attori che discutono, Luis Zahera (che interpreta Xan, gigantesco) e Denis Menochet (Antoine, poco meno che gigantesco).

Quando ad esempio Menochet urla e Zahera (raramente scrivo i nomi degli attori al posto dei personaggi ma in questo caso mi viene naturale), dicevo, e Zahera con un filo di voce gli dice "Non urlare...", vengono letteralmente i brividi alla schiena.


 

 



 

La seconda è, ancora una volta, la qualità del dialogo.
Dialogo in cui c'è una frase straordinaria che, probabilmente, è quella che sceglierei come citazione del film.


"Siamo sempre stati poveracci, ma non ce ne siamo accorti finchè non ci hanno offerto i soldi"

Fantastica.

Queste 10 persone che hanno passato tutta la vita lì, senza una lira, a spalare la merda dei cavalli o delle vacche e a bere vino in un bar orribile.

Eppure questa era l'unica condizione che conoscevano, erano poverissimi sì, ma se nessuno veniva a dirglielo non se ne sarebbero nemmeno accorti.

E ora Xan può rileggere tutta la sua vita, vedere lo schifo che è sempre stata, capire perchè anche le puttane li scansavano perchè puzzavano di merda.

Il dialogo è teso, straordinario, semplice ma al tempo stesso profondissimo (che poi se vai ben a vedere bene le ragioni di quei due mostri li capisci anche eh, teoricamente dico).

La terza cosa bellissima di questa scena, quella che mi ha più emozionato, è il secondo piano, in questo caso il piano di ascolto.

Davanti abbiamo i due, dietro di loro invece, seduto a un metro di distanza, il fratello scemo Loren (che bella quella sua cicatrice sulla testa, a ricordarci che deve aver avuto qualcosa che lo ha reso quello che è, un'operazione, un incidente, qualcosa).

Ecco, se voi - anche se so che è quasi impossibile - staccaste un attimo lo sguardo da Xan ed Antoine e lo poneste su Loren, notereste che per tutti i 7-10 minuti della scena quello guarda fisso Antoine, senza mai staccare lo sguardo.

E' una cosa bellissima, inquietante, "reale".
Un "piano di ascolto" (tecnicamente potremmo definirlo così) impressionante.

 

Guardate, con fatica mi fermo dal descrivere altri dialoghi. 
Ma, come ho scritto, ho assistito ad alcuni dei più belli visti recentemente, e me li sento ancora addosso (e pensare che è passata addirittura una settimana dalla visione del film, visto al raduno).


Allargando un attimo lo sguardo bisogna dire che As Bestas è un film straordinario, che sarà faticoso togliere dal podio di quest'anno.

Di Sorogoyen avevo visto un solo film, Il Regno, piaciuto tanto ma sensibilmente sotto questo mezzo capolavoro.

E' un film, come dicevo, che eccelle nel materiale umano (almeno 5 le interpretazioni da pelle d'oca), nella scrittura, nell'atmosfera (tesa, malsana, disturbata), nelle location e in questa regia che pare "invisibile" ma, a vedere scena per scena, è invece magistrale.
Ho scoperto proprio oggi, andando nella pagina wikipedia del film per recuperare i nomi dei personaggi, come questo film racconti, in maniera poi abbastanza fedele, una vicenda reale accaduta praticamente negli stessi luoghi e con modalità molto simili.

Certo, l'averla creduta una sceneggiatura completamente originale (formalmente lo è comunque, ma intendevo inventata da zero) me la faceva vedere ancora più grande.

In realtà no, non cambia niente, il fatto che sia ispirata ad un evento reale non sposta minimamente il mio giudizio.

Sorogoyen ha per esempio cambiato la nazionalità del forestiero (da olandese a francese), questo per rendere l'atmosfera con i paesani ancora più tesa (Xan odia i francesi, per motivazioni storiche).

In più Antoine - pur avendo deciso di dedicare la propria vita a lavorare la dura terra -  è un uomo di c(o)ultura, in una landa desolata dove gli altri uomini, e il titolo del film richiama principalmente questo, sono simili a bestie, nel senso ovviamente dispregiativo del termine (animali incapaci di ragionare).
 Tanti vedranno in questo film richiami a grandi film di piccole comunità "grezze" che odiano i forestieri.
 L'esempio più bello e calzante è secondo me il nostro magnifico" Il vento fa il suo giro", se lo avete perso recuperatelo.
Tra gli altri tantissimi film citabili ricordiamo anche Calvaire, forse una delle pellicole dove questa analogia "paesani = bestie" viene resa al meglio (impossibile che quel bar non richiami a quello di Du Welz).
Quindi francese (il popolo che Xan odia), acculturato (diversissimo da loro) e, come se non bastasse, Antoine è anche un uomo buono, mite, uso a dialogare e cercare di spiegare, anche qui l'esatto contrario dei due fratelli.

Questo "impossibile dialogo" (in un film paradossalmente che di dialoghi è  pieno) è il fil rouge del film.

Qualsiasi cosa Antoine possa fare o dire niente cambia a Xan, uomo-mostro che vede in quell'omone francese l'unico ostacolo per non poter cambiare la propria vita.

Ne nasce un film con un climax ascendente pazzesco, in cui prima si fanno battute, poi si urla, poi si fanno dispetti, poi si sputa addosso, poi si distrugge il lavoro di un anno altrui (le batterie nella cisterna, tra l'altro batterie che Xan ha comprato sfacciatamente davanti Antoine), poi si fa un agguato notturno minaccioso (scena bellissima, magistrale, giocata sui due finestrini dell'auto) fino al quasi inevitabile epilogo.

Credo che anche tanti di voi quando hanno assistito al fantastico incipit (tra l'altro preceduto da due frasi sovrimpresse molto evocative) ha pensato "ecco, prima o poi questa scena che vediamo fare con i cavalli la vedremo fare con qualche essere umano".


 

(tra l'altro visto il poster nemmeno i distributori vogliono nascondere la cosa).


 

E quindi che l'omicidio di Antoine non avvenga in modi molto più immediati e facili (avevano addirittura un fucile, ma potevano farlo con coltelli o qualsiasi altra cosa) ma attraverso un brutale corpo a corpo dove due persone contro una (come col cavallo) immobilizzino la vittima fino a non farla più respirare l'ho trovata una scelta eccezionale.

Apparentemente illogica o poco probabile ma perfetta, veramente perfetta (per quell'incipit, per quell'analogia tra Antoine, grande e grosso, e i cavalli, per quel senso di "queste persone conoscono solo questo metodo").

E geniale è anche quello che succede appena poi.

Vediamo Olga a casa, convinti che stia aspettando il ritorno di Antoine.

E invece no, e invece è già passato circa un anno e Sorogoyen gestisce questa ellissi temporale in un modo così inusuale, nascosto e morbido come raramente succede.
Ed ecco che assistiamo anche ad un assoluto cambio di protagonista principale.

Se in tutta la prima parte Antoine era il personaggio centrale, se non c'era praticamente una scena senza di lui, se intorno alla sua figura gravitavano tutte quelle degli altri, dopo la sua morte il suo posto lo prende la moglie Olga, così da regalarci un film assolutamente divisibile in due parti distinte e con due protagonisti diversi.

E, quasi miracolosamente (una volta morto Antoine e con ancora quasi un'ora di film temevo il tracollo) la seconda parte è pari alla prima, anzi, in almeno tre scene  siamo su livelli giganteschi, forse addirittura superiori al primo tempo.

Mi riferisco alla prima scena che ho descritto (quella della lite in cucina), a quella di quando le due donne vanno a prendere le pecore (grande tensione, e quell'incrocio coi due fratelli da brividi) e a quella, eccezionale, quando Olga va a parlare con la madre dei due.

"Anche tu sarai sola, come me"
Ancora brividi.
No, As Bestas non cala mai, non annoia mai, non ha problemi di ritmo, non ha parti deboli.

E scardina anche le regole non scritte del cinema come quando veniamo a sapere che il video nella telecamerina che Antoine aveva piazzato sotto l'albero (con lo spettatore che per un'ora è certo che alla fine verrà fuori) non può essere recuperato.
Insomma, quel video non lo vedremo mai, un dato incredibilmente realistico che cozza con qualsiasi regola di sceneggiatura usuale.

 

Ma questa scelta è atta a costruire un finale, per me, ancora più bello perchè "sospeso", non definitivo, con quei due fratelli che molto probabilmente saranno presi ma contro i quali non ci sono in verità prove ferree.
Dimenticavo la colonna sonora, quasi sempre con lo stesso ansiogeno pezzo (quasi più un rumore che una melodia) che dà al tutto ancora più forza.

Mi resteranno dentro tante cose, mi resterà dentro il terribile Xan, il suo fratello scemo, Antoine e quella bontà d'animo unita però ad una rara forza, sua moglie Olga, donna straordinaria che, anche per fattezze, vi ricorderà la McDormand di "Tre manifesti", sua figlia Claire che ama la madre a tal punto da insultarla, sperando di salvarla.

E che quando capisce quanto la vita che la mamma vuole sia quella, quanto la vita che entrambi i suoi genitori volevano fosse quella, si mette ad aiutarla e le dice, nascosta dalla tendina della doccia, "Il vostro amore era invidiabile".

Mi resteranno dentro i luoghi, questo paese dove una volta "c'erano persino i bambini" e queste persone talmente povere da mangiar (forse) carne di gatto.
E i dialoghi, e i movimenti di macchina dolci e perfetti, e questa tensione.

E i visi di tutti, compreso quello della splendida Claire.

O quello di Olga che, in questo straordinario finale sospeso, colma l'intera inquadratura.
Fine.