Ecco, qui alziamo il tiro.
Intendiamoci, Meander è un film pieno di difetti, con una storia che sembra non stare in piedi (anche se a seconda dell'interpretazione che si dà al tutto potrebbe anche reggere), con lo spettatore costretto a sfidare continuamente la sua sospensione dell'incredulità.
Ma, ecco, una volta che accettiamo che il film è forzatissimo poi c'è poco da fare, è realizzato alla grande (e ha coerenza, tornando a sopra).
Una donna che ha perso la figlia da poco (scomparsa o morta, non lo sapremo) si ritrova prima nelle mani di un serial killer (dentro il suo furgone) poi, non sappiamo come, in un gigantesco dedalo di cunicoli strettissimi.
Ha sul polso un braccialetto con un timer.
Scoprirà di dover affrontare un percorso pieno di pericoli mortali a varie tappe (scandite appunto dal timer). Una volta scaduto il tempo la  morte è certa (o forse no...).
Lo capite da soli, non ha senso.
Se vediamo il film come perfettamente realistico non possiamo credere che ci sia qualcuno che abbia costruito una struttura così gigantesca solo per divertirsi a torturare le persone.
Se lo vediamo nel lato fantascientifico idem, qualsiasi intelligenza superiore non creerebbe mai una struttura di questo tipo.
Se lo vediamo nel senso irreale (onirico, metaforico od esistenziale che sia) capite che in questi tipi di film il mondo che viene creato deve essere meno complicato di quello che vediamo nel film (complesso sì, ma non così complicato).
Insomma, qualsiasi delle 3 scelte...sceglierete comunque la trama e quello che accade vi sembrerà completamente inverosimile.
E allora prendiamo Meander come un "gioco", come un film che parte da un assunto sbagliato ma che, con molta onestà, ci viene sbattuto contro, un assunto che se andiamo avanti nella visione dobbiamo "accettarlo".
Ed accettato il contesto questo è un grande film.
E' girato benissimo, ha degli effetti speciali artigianali straordinari (le membra dei corpi, la placenta finale, i tagli e le ferite), ha una grande attrice protagonista, ha il lato "divertente" dell'escape room, ha grande atmosfera (i tunnel sono davvero strettissimi e la prova fisica dell'attrice sembra reale) e bene o male ci mette la curiosità di rispondere alla domanda delle domande, ovvero :Ma perchè??"
Cosa stiamo vedendo?
Perchè quella ragazza è lì?
Ecco, qui siamo costretti a cercare di "capire" Meander.
C'è quasi la certezza che siamo davanti a qualcosa di fantascientifico (quella luce che arriva dal cielo e presumibilmente la rapisce dopo esser fuggita dal serial killer) ma, al tempo stesso, forse di fantascientifico non c'è nulla.
Potremmo infatti immaginare tutto come una specie di Aldilà in cui si è ritrovata la ragazza (magari già morta quando arriva quella Luce, luce che in questo senso ovviamente acquista tutt'altro significato) e tutto quello che le accade come una specie di percorso del dolore, un attraversamento dell'Inferno, per raggiungere il paradiso finale (le ultime inquadrature lo suggeriscono).
Sua figlia probabilmente è già morta (ed è molto bella la scena dove lei glielo dice e si rifiuta di seguirla, molto umana e molto verosimile) ma lei in qualche modo deve raggiungerla, ovunque sia.
E c'è qui un'altra faccenda interessante, ovvero la sensazione (ad un certo punto anche esplicitata) che lei in quel labirinto mortale NON poteva morire, che anche se avesse sbagliato qualcosa si sarebbe sempre stata salvata perchè chiunque l'ha messa lì (alieni, Dio o chi volete) la sta proteggendo.
Non era quindi una questione di vita o di morte quanto una prova psicologica e dolorosa per meritarsi qualcosa.
Il film ricorda molto The Descent, non solo per quelle creature cieche quasi identiche (forse evitabili) ma anche per questo rapporto con la figlia morta. Tanto che in alcune sequenze sembrava veramente di essere nel capolavoro di Marshall (i cunicoli, i mostri, i dialoghi con la figlia che poi scopriamo immaginari, la luce in fondo che sembra salvezza ma in realtà non lo è).


Diciamocelo, di forzature ce ne sono ogni 5 minuti (quando lei trova quei segni sul braccio e capisce che sono frecce è la numero 1 delle forzature per non parlare poi di quando lotta col serial killer per il posto protetto dal fuoco, posto dove, messe una sopra l'altra, entravano almeno 3 persone) ma è il film ad essere forzato già nel soggetto, va preso come un gioco angosciante ed adrenalinico, niente di più.
Però, oh, ripeto, lei è bravissima, le trappole mortali girate benissimo (ricordiamo che non c'è spazio, non era facile), gli effetti speciali ottimi (quando sposta membra e budella del primo morto top), il sonoro è notevolissimo (quasi un personaggio), l'idea del tempo reale sempre una grande idea, il mostrino-dottore ottimo omaggio ad un certo tipo di cinema horror-sci fi, un paio di richiami ad Arrival (due immagini del tunnel che sembrano quello dentro l'astronave nel film di Villeneuve e lei che si ritrova davanti a quello specchio nebbioso), e anche più di un accenno a Truman Show (lei che rivede tutta la sua vita ripresa da una telecamera sin da quando è in fasce e la finta uscita col cielo disegnato).
Nel finale dopo un altro piccolo errore (non ha più il piede tagliato, evidente che quelle scene siano state girate prima) ci ritroviamo pieni di domande ma anche abbastanza affascinati.
Lei è morta o viva? Quella che continua a vivere è forse solo la sua coscienza?
In ogni caso, e anche sua figlia glielo dice, c'è solo una cosa da fare, la cosa che tutti dovremmo imparare a fare.
Vivere