Joker

Innanzitutto: Joker è un cinecomic solo sulla carta, per il solo fatto di mutuare dall'universo dei supereroi il nome di un villain. Ma Arthur Fleck, in arte Joker, avrebbe anche potuto chiamarsi Aldo Saltalaquaglia, in arte Cicciopasticcio: il film sarebbe rimasto lo stesso. Le etichette, i nomi sono quelli presi in prestito da Batman ma dell'estetica cinefumettosa c'è ben poco, per non dire nulla.

Non avrei puntato un centesimo su Todd Phillips, che apprezzo come regista di commedie strampalate ("Parto col folle" su tutte) ma nella cui qualità tecnica ed estetica non ho mai riposto grande fiducia né stima: ho sempre preferito i suoi personaggi alla sua estetica. Tra l'altro mi ha colpito sentir riecheggiare nel film il nome di Ethan Chase, personaggio di ultima importanza, che condivide il nome con il personaggio di Zach Galifianakis, che ha come nome d'arte Ethan Tremblay, in Parto col folle.
Ero piuttosto certo, dunque, che avrei apprezzato la costruzione dei protagonisti, di Joker sopra tutti ovviamente, e così è stato: pur nella sua bidimensionalità, Arthur Fleck è tridimensionale, per paradossale che possa sembrare. Malato di mente e maltrattato dalla cattiva sorte, di personaggi simili se ne son visti a miliardi: ma quello di Joaquin Phoenix, nella sua banale follia (della quale temo l'effetto-Burton: un'ondata di nuovi "psicopatini" che infesterà i social con le citazioni del film sulla pazzia e sulla società cattiva e crudele, come accadde con Alice in Wonderland), riesce ad essere unico. I suoi movimenti, meccanici ed eleganti al tempo stesso, i suoi sguardi vuoti ed insieme penetranti, i suoi sorrisi tristi e crudeli: tutto ciò che Phoenix fa è un gioiello, la prova che non sempre è necessario vedere un film in lingua originale per gustarne la recitazione.
Personaggio interessante, sulla carta, anche quello di De Niro, che tuttavia ormai pare in grado di appiccicarsi in viso una sola espressione ed usarla per ogni cosa: bravo eh, ma magari la pensione non guasterebbe.
Dicevo, i personaggi di Phillips mi hanno sempre affascinato, anche nelle sue opere che meno mi son piaciute (Una notte da leoni 3, ad esempio), ma la sua estetica non mi ha mai entusiasmato, anzi. In Joker, invece, mi ha stupito e piacevolmente shockato. Ed è qui, per me, che si manifesta nel modo più forte e chiaro la sua distanza dal mondo dei cinefumetti: è tutto tremendamente reale. La computer grafica, laddove presente, non è mai generatrice di mondi ma, come accade in film quali The wolf of Wall Street di Scorsese, si limita ad elementi secondari che, tutt'al più, arricchiscono ciò che già c'è. Non ci sono patine, non ci sono pompose creazioni digitali, non ci sono esagerazioni computerizzate. In coppia con il suo fido alleato, il direttore della fotografia Lawrence Sher (tra i film fotografati da lui che ho visto, è qui che dà tutto il suo meglio), Todd Phillips si mostra in grado di dipingere quadri forti e dal grandissimo impatto visivo: oltre alle immagini viste e straviste, come quella della scalinata o Arthur sul pullman, numerosi sono i momenti che colpiscono e fendono l'occhio dello spettatore.

Ben fatto, Todd. Molto ben fatto.