È stata la mano di Dio

«Non ti disunire.»

Non di rado il cinema di Sorrentino offre battute ermetiche, che talvolta paiono più voler sorprendere che comunicare. La battuta a mio avviso centrale di È stata la mano di Dio è, invece, estremamente significativa. «Non ti disunire»: Sorrentino non si è disunito. 
L'ultimo lavoro del regista napoletano è fortemente coeso. Coeso in quanto autobiografico e, quindi, come insegna Bene, fittizio. Il racconto è quello del giovane Sorrentino: tormentato dalle fragilità dell'adolescenza e dalla tragedia familiare; abbandonato a sé stesso; alla ricerca di sé stesso. «Dobbiamo capire cosa vogliamo fare da grandi», dice Fabietto/Paolo al fratello Marchino, forse cercando di aggrapparsi ad un obiettivo per galleggiare e non affondare, più che per perseguirlo. 
È stata la mano di Dio è il Sorrentino più non-disunito degli ultimi anni. Certo, la narrazione si crogiola, di tanto in tanto, di quei momenti distaccati dalla trama squisitamente sorrentiniani, condensa narrativa che condisce spesso i suoi film costruendo una patina quasi misteriosa. Tuttavia, È stata la mano di Dio non si disunisce.