Asja (Jelena Kordić Kuret) si è iscritta ad uno speed date che si svolge in un anonimo palazzo di Sarajevo. Di fronte alla donna è seduto Zoran (Adnan Omerović). Mentre tra le altre coppie pian piano il ghiaccio si scioglie e cominciano le risate, tra Asja e Zoran si percepisce sin da subito che qualcosa non va per il verso giusto. Per conoscersi meglio i partecipanti devono rispondere ad una serie di questioni enunciate al microfono dalle organizzatrici dell’evento. Ben presto però dal colore preferito si passa a temi più seri con domande che riguardano la propria religione o se si accetterebbe di uscire con un partner di una diversa etnia e ben presto il gioco sembra assumere contorni diversi.

Sono tante le questioni messe in campo da L’appuntamento di Teona Strugar Mitevska, già regista di Dio è donna e si chiama Petrunya.

L’impianto del film è estremamente teatrale, si svolge interamente in pochi interni, si basa molto sulla straordinaria bravura degli interpreti ed in alcuni momenti, non diremo quali, si ha quasi l’impressione di assistere ad una vera e propria performance.

Impossibile dire troppo sulla trama senza rovinare il piacere della visione, tuttavia, con il procedere della vicenda, L’appuntamento assomiglia sempre di più ad una sorta di psicoterapia di gruppo.

Ben presto l’innocente speed date, si trasforma in un’occasione per confrontarsi sul proprio passato ed inevitabilmente tra le crepe delle conversazioni si insinua la guerra ed in particolare l’assedio di Sarajevo con le sue ferite ancora aperte.

Abbiamo pochissimi sprazzi visivi di quei ricordi che ogni tanto prendono letteralmente corpo ed interagiscono con il presente come in una sorta di allucinazione nella quale i soldati irrompono nel palazzo e cominciano a sparare all’impazzata sui partecipanti all’evento.

L’appuntamento riporta sulla scena quella guerra dimenticata interrogandosi sulle ferite ancora aperte, tanto nei singoli quanto nell’intera ex Jugoslavia.

Ecco allora che le domande sulla religione e sull’etnia assumono un significato differente andando a riscoprire i nervi scoperti di quel conflitto civile.

Due le questioni che pone la regista.

La prima riguarda proprio la memoria e cosa sia rimasto di quell’esperienza nelle nuove generazioni.

Così se la guerra è ancora una ferita aperta (anche fisica) in chi ha una certa età, nei più giovani prende la forma di un’esperienza indiretta vissuta attraverso i ricordi dei genitori.

Ma una nuova generazione si sta affacciando, è quella della festa di diciottenni alla quale, alla fine, si infiltra Asja lasciandosi andare ad un ballo liberatorio insieme a quei ragazzi che non hanno avuto esperienza diretta degli orrori da lei vissuti.

L’altra questione è se dopo tutto questo tempo sia possibile perdonare e la risposta sembra essere in quell’abbraccio finale.

Peccato solo che L’appuntamento si perda in un finale che finisce con lo stemperare la tensione accumulata in una serie di scene metaforiche tirate troppo per le lunghe che finiscono per risultare didascaliche ed appesantiscono l’intero film.

Mentre scorrono i titoli di coda una didascalia ci avverte che il film è ispirato ad una storia vera e viene da pensare a quante di simili ce ne siano in giro per il mondo nei vari teatri di guerra.
EMILIANO BAGLIO