Un telefono ed un uomo.
Il telefono è quello del pronto intervento della polizia di Copenaghen.
L'uomo è Asger (Jakob Cedergren).
Il suo turno è quasi finito, il giorno dopo dovrà recarsi in tribunale e se tutto andrà come programmato tornerà in strada.
Sino a quando non arriva la chiamata di Iben (Jessica Dinnage).
Un telefono ed un uomo.
Bastano questi due elementi questo al regista Gustav Möller per costruite un thriller mozzafiato, basato tutto su degli interpreti mostruosi (persino la bambina, Katinka Evers-Jahnsen è bravissima), sull'uso del suono e su una sceneggiatura perfetta.
Briciola dopo briciola ci ritroveremo immobilizzati ed impossibilitati ad agire, come Asger, impotenti dinnanzi ai fatti.
In perfetta buona fede, come lui e con lui, compiremo errori che segneranno per sempre le vite dei protagonisti.
E sprofonderemo sempre di più nell'orrore, quello della storia che si srotola dall'altra parte del filo e quella personale del protagonista sino allo svelamento del significato del titolo.
Colpo di scena dopo colpo di scena sino ad un ribaltamento totale di prospettiva dovremo affrontare due vicende mostruose intrise di male e di dolore.
Perché dietro il thriller perfetto Möller racconta anche un mondo di solitudine, sin dalle prime telefonate che giungono.
L'uomo che chiama perché strafatto, l'altro che è stato derubato da una prostituta.
A questi si aggiunge la disfatta personale di Asger, svelata da piccoli dettagli, la fede al dito, la terribile frase"quando sono solo accendo il televisore così faccio finta che ci sia qualcuno".

Dall’altro capo del telefono, intanto, quello che sembrava un rapimento si trasforma di minuto in minuto in qualcos’altro.

Prima nella storia di una presunta violenza poi si spalanca l’orrore della follia con quei traumi che rimarranno per sempre in parte a causa anche delle scelta sbagliate compiute dal poliziotto che, come lo spettatore, non ha chiaro come stiano veramente le cose.

Così, dietro il perfetto meccanismo messo in piedi dal film, si nasconde la denuncia di un’intera società fatta di solitudini e violenza a dimostrazione che c’è ancora del marcio, e tanto, in Danimarca.
Rimane solo il sospiro di sollievo finale mentre la porta si chiude verso un futuro incerto che però il nostro protagonista potrà affrontare con una nuova consapevolezza, avendo riparato a quella colpa che da il titolo all’opera.

Che Il colpevole sia uscito nei nostri cinema è un ottima notizia (i lettori romani dal 13 marzo avranno anche la possibilità di gustarselo in lingua originale al cinema Farnese) perché si tratta di un piccolo grande, grandissimo film fatto con nulla.

A dimostrazione che basta un’ottima storia e dei grandi interpreti per dare vita ad un piccolo gioiello.



 

EMILIANO BAGLIO.