Sulla carta “Lo straordinario viaggio di T. S. Spivet” sembrerebbe il film perfetto per un regista quale Jean-Pierre Jeunet. Innanzitutto al centro della vicenda c’è una famiglia sui generis, sognatori un po’ naif, un po’ folli come i personaggi di “Delicatessen” de “La città perduta”, de “L’esplosivo piano di Bazil” per non parlare di Amélie Poulain. La madre di T. S. (Helena Bonham Carter) è una entomologa che vive racchiusa nel suo mondo. Il padre (Callum Keith Rennie), come nota lo stesso T. S., è nato probabilmente con 100 anni di ritardo e vive nel mito dei cowboy del passato. La sorella (Niamh Wilson) è ossessionata dai concorsi di bellezza. L’unico normale sembrerebbe essere Layton, il fratello di T. S., letteralmente adorato dal padre. Sarà proprio il suo tragico destino a sconvolgere la vita di T. S. in modo indelebile. Il nostro eroe è invece un piccolo genio della scienza, sempre intento a realizzare progetti fantastici e fantasiosi. Una vera miniera d’oro per Jeunet che ha modo di dare il meglio di sé nella descrizione di questa strampalata famiglia. Le invenzioni visive si succedono a rotta di collo e complice l’uso del 3D il regista si diverte come un pazzo ad animare le invenzioni del suo giovane protagonista e a dare corpo ai suoi sogni ad occhi aperti. Tra le tante scoperte di T. S. c’è anche una macchina a moto perpetuo che gli vale l’attenzione dello Smithsonian Institution di Washington. Così T. S. in piena notte, senza dire nulla alla sua famiglia, fugge verso Washington. Accompagnato dallo spirito di Layton il nostro sulla sua strada incontrerà goffi poliziotti, camionisti dal cuore d’oro e vagabondi che gli regaleranno pillole di saggezza (Dominique Pinon, attore feticcio di Jeunet). Attraverserà tutto il paese su di un treno merci combinandone di tutti i colori per  non essere scoperto, con quello sguardo incantato sul mondo tipico dei bambini e così simile all’immaginario di Jeunet. Una volta giunto nella grande città dovrà anche scontrarsi con la sottosegretaria dell’Istituto Smithsonian (Judy Davis), una donna il cui unico interesse sembra essere quello di spremere più soldi possibile dal giovane genio. Proprio il confronto con questo mondo farà riemergere le ferite che lacerano la famiglia Spivet permettendone la riunificazione ed un nuovo inizio. Come abbiamo detto le invenzioni non mancano, i momenti comici e quelli più strappa lacrime sono perfettamente dosati, il 3D è utilizzato con intelligenza e persino il lieto finale, trattandosi di Jeunet non stona. Il problema è che se la prima parte del lungometraggio fila liscia come l’olio quando finalmente comincia il viaggio di T. S. Spivet, Jeunet sembra innestare il pilota automatico e tutto diventa piatto, banale e terribilmente noioso. Non si tratta di una brutta pellicola, intendiamoci, piuttosto di un film che, da un certo momento in poi, come il treno che trasporta T. S. procede placido e tranquillo sui propri binari senza riuscire più a regalare stupore o emozioni autentiche. Magari la colpa sarà stata delle difficoltà incontrate durante la realizzazione del progetto (si veda quanto dichiarato da Jeunet in conferenza stampa), però il risultato finale lascia il sapore di una grande occasione in gran parte sprecata. Comunque sia i tanti ragazzi e ragazzini presenti in sala hanno apprezzato e tanto basta. In fondo si tratta di un film che deve piacere a loro.