It follows.



 

It follows di David Robert Mitchell arriva nelle nostre sale con due anni di ritardo ed in piena estate.

Probabilmente gli appassionati di horror lo avranno tutti già visto con i soliti mezzi illeciti ma sempre più necessari, spinti dalle innumerevoli recensioni positive di cui è pieno il web e magari anche incuriositi dalle critiche mosse al film da Quentin Tarantino in persona.

Effettivamente l’opera di Mitchell ha moltissime qualità, prima tra tutte quella di riportare l’horror ai bei tempi in cui il cinema di genere era utilizzato per parlare d’altro; ma andiamo con ordine.

La prima freccia all’arco di It follows è la geniale idea di fondo che lo sorregge.

Al centro della trama vi è una maledizione della quale (apparentemente) ci si può liberare solo trasmettendola attraverso un rapporto sessuale.

Nel film la vittima è Jay (Maika Monroe) alla quale la maledizione viene passata da Hugh (Jake Weary).

Da quel momento in poi Jay sarà costantemente seguita da un’entità, che potrà avere qualsiasi aspetto, decisa ad ucciderla. Due quindi sono le caratteristiche del mostro del film, la prima è che può nascondersi dietro qualsiasi persona e la seconda è la sua lentezza. L’It del titolo non corre e non insegue le sue vittime, le segue lentamente ma inesorabilmente, aspettando il momento in cui le sue prede si trovino in un vicolo cieco (una stanza o un luogo chiuso) dal quale non possano avere via di scampo. Ultima peculiarità il fatto che la creatura sia visibile solo alla vittima di turno.

In molti ovviamente si sono soffermati sulla particolarità che la maledizione possa essere trasmessa solo attraverso il sesso ed hanno voluto leggere in ciò un intento puritano e/o moralizzatore del regista.

Per Mitchell in realtà il sesso altro non è che un rito di passaggio tra l’adolescenza e l’età adulta, il suo interesse principale, a nostro avviso, è nei confronti degli adolescenti, del loro mondo e dei loro problemi.

Il fatto che questa creatura possa assumere qualsiasi aspetto contribuisce a creare un’atmosfera di continua paranoia e terrore che è uno dei maggiori punti di forza del film.

Per Jay e le altre vittime tutto può rappresentare un pericolo, l’intero mondo esterno diventa qualcosa di pericoloso ed ostile.

Grazie a questo stratagemma il regista ci restituisce pienamente le paure e le angosce tipiche dell’adolescenza descrivendo quel mondo e quell’età in tutte le sue sfaccettature.

Questa atmosfera di continua paranoia, che molto deve al cinema di John Carpenter, è ulteriormente sottolineata dall’ambientazione della pellicola, girata nei sobborghi di Detroit e dal fatto che praticamente nel film non esistano figure di adulti.

C’è solo un gruppo di giovani, in una periferia tanto anonima quanto degradata alle prese con le loro paure più profonde, gettati nelle fauci di un mondo ostile e senza nessun punto di riferimento esterno che non sia il gruppo stesso del quale fanno parte.

Gruppo nel quale ritroviamo alcuni dei caratteri tipici dell’adolescenza con da una parte Greg (Daniel Zovatto), che ha qualche anno in più rispetto agli altri e che rappresenta il tipico adolescente spavaldo, bello e tenebroso e dall’altra Paul (Keir Gilchrist), amico timido di Jay perdutamente innamorato della ragazza.

Ovviamente Jay finirà col fare sesso con Greg. Sarà solo nel momento in cui Jay e Paul accetteranno il proprio amore, compiendo in qualche modo il passaggio dall’adolescenza all’età adulta, che si vedrà una luce in fondo al tunnel.

It follows probabilmente non è il capolavoro di cui tutti parlano complice le cadute di tono nella parte centrale nella quale i nostri eroi cercano un modo per far fuori l’entità.

Tuttavia è non solo un film che riesce a spaventare e a creare un’atmosfera angosciosa ma soprattutto è un film in cui, come già detto, l’horror è una scusa per parlare d’altro.

Per fortuna a risollevare la pellicola provvede un finale spettacolare che rigetta lo spettatore nel dubbio e nell’angoscia, una chiusura perfetta solo apparentemente aperta e che purtroppo sta dando l’occasione ai produttori di pensare a dei sequel che non farebbero altro che rovinare questo piccolo gioiello.



 

EMILIANO BAGLIO