Giuseppe Della Pelle lavora come meccanico a Roma e fa  il pilota di rally. Nel mondo dei fuoristrada è conosciuto con soprannome di “Girello” e nel 2002 vince anche una targa come “fenomeno dell’anno”. Si sposa, per due volte ed ha anche una figlia dal primo matrimonio. A partire dal 1995 Giuseppe capisce che di non sentirsi più a suo agio in quel corpo maschile e comincia a prendere gli ormoni, si veste da donna e si fa l’operazione al seno. Nel 2003 conosce Marianna che fa la badante per sua madre e se ne innamora perdutamente sino a sposarla nel 2010. Oggi Beatrice, sua madre, Marianna e suo figlio Daniele vivono insieme e formano “una famiglia non convenzionale, un’unione diversa, eppure simile a tutte le altre, fondata sull’amore”.
“…Il centro di questo film è una storia d’amore...Io con questa storia volevo emozionare perché penso che l’unico modo per superare questi pregiudizi verso le differenze sia questo.”. Così la regista Elisa Amoruso in conferenza stampa. Le sue parole ci permettono di aprire un primo spunto di riflessione. Al di là dei temi affrontati, la maggior parte dei film presenti nella sezione Prospettive Doc Italia dell’ottava edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, avevano come nucleo centrale l’attenzione nei confronti dell’essere umano. Sembrerebbe quasi che guardare all’umanità intesa sia come specie sia come sentimento sia la via privilegiata attraverso la quale leggere e quindi interpretare (e magari perché no anche modificare) il reale. Come negli anni della contestazione finalmente il personale ridiventa politico. Ad Elisa Amoruso non interessa quindi fare un lavoro dal taglio magari giornalistico, né denunciare lo scontro (pure percepibile) tra questa “strana” famiglia ed il mondo circostante. Lo scontro c’è, in particolar modo con le istituzioni, quella scolastica in primis, incapace di affrontare una realtà familiare che oramai è diversa da quella tradizionale. Così come non passa in secondo piano l’opposizione che la coppia ha incontrato quando ha deciso di sposarsi, visto che il sindaco (donna) di Nemi quel matrimonio proprio non voleva celebrarlo. In questo episodio emerge chiaramente l’ipocrisia sulla quale poggia oramai la nostra legislazione che, ci piaccia o meno, non ha più nessun contatto con la mutata realtà sociale ed antropologica dei tempi che viviamo. Beatrice e Marianna infatti si sono potute sposare, solo perché Giuseppe non ha mai cambiato sesso e quindi sui documenti d’identità compare ancora come uomo. Viviamo oramai nel paradosso costante per il quale la realtà in Italia riesce ad affermarsi solo attraverso la sua stessa negazione, secondo quell’antico principio per il quale i panni sporchi si lavano in famiglia. Quindi una coppia formata da una donna ed un trans possono sposarsi grazie ad un artificio che, inevitabilmente, nega la natura stessa di Giuseppe/Beatrice. Per questo è importante la scelta fatta dalla regista, quella di farci sbattere il muso, con le nostre certezze ed i nostri inevitabili pregiudizi, contro una storia d’amore, contro la vita quotidiana di una famiglia diversa da quella canonica ma fondata sullo stesso sentimento universale che dovrebbe essere alla base di ogni rapporto di coppia; l’amore. L’irresistibile carica di simpatia di Marianna che nel film dichiara; “Io non sapevo che queste cose esistevano. Non sapevo che uomo può diventare donna”, la verace romanità chiassosa di Beatrice, i loro battibecchi, veri e propri siparietti comici, contribuiscono non poco a rendere leggero e divertentissimo un film che parla di cose maledettamente serie ed attuali. Ovviamente la realtà non è tutta rose e fiori. Però per una volta tanto è giusto far vedere quel mondo che, al di là di leggi medievali e al di là dell’omofobia presente nel nostro paese, accetta una realtà di fatto senza porsi problemi. Per gli amici rallysti, giustamente, Girelllo è sempre lo stesso e chi se ne frega se prima era Giuseppe ed ora è Beatrice. Forse però la lezione maggiore ci viene da Daniele il figlio sedicenne di Marianna che chiama Beatrice papà. Da lui abbiamo tutti qualcosa da imparare.
Ci sia permessa un’ultima considerazione. Giunti all’ultimo film di Prospettive Doc Italia ci sentiamo di poter tranquillamente affermare che il cinema documentario, troppo spesso dimenticato dai nostri distributori e dalla stessa Rai che pur avendo finanziato molti dei film presenti in concorso poi al massimo li manda in onda a notte fonda su Rai Tre, questi film che non arrivano quasi mai al grande  pubblico se non perché ha vinto un Leone d’oro, ancora una volta ci hanno fatto scoprire autori ed autrici che ci dovrebbero rendere orgogliosi. Se vogliamo cercare i nostri migliori talenti, spesso giovani e senza un soldo, è qui, nel cinema del reale che li troveremo, scopriremo che sono molto più capaci dei loro colleghi autori di film di finzione celebrati come autori e che hanno un’identità artistica, estetica, civile, morale che tanti dei nostri presupposti autori si sognano la notte. Diventa quasi un dovere quindi cercare, nel nostro piccolo, di fare il massimo perché questi autentici talenti emergano alla luce del sole.