Recensione di   Emiliano Baglio Emiliano Baglio

Adoration

(Film, 2020)

Adorazione.
Una storia d’amor  fou, continuamente sospesa tra magia e realtà allucinata.
 
Dopo Calvaire (2004) ed Alléluia (2014), entrambi ovviamente mai arrivati nelle nostre sale, Fabrice Du Welz torna per la terza volta nelle sue amate Ardenne per raccontarci ancora una storia d’amor fou.
La chiave del film è tutta già nella frase che lo apre; “Basta un po’ d’immaginazione perché i nostri gesti più comuni assumano improvvisamente un significato inquietante e lo sfondo della nostra vita quotidiana generi un mondo fantastico. Dipende da ognuno di noi svegliare i mostri e le fate”.
Da subito, infatti, Adorazione ci getta in un’atmosfera nella quale la realtà, il fantastico e l’immaginazione si confondono e si mescolano continuamente impedendoci di distinguerli.
Non a caso per ben due volte Du Welz cita esplicitamente Magritte in due inquadrature che ne riproducono fedelmente altrettante opere.
Il mondo nel quale vivono i protagonisti del film ha dei contorni labili, basta un nulla per ritrovarsi in un mondo fatato ed allucinato.
L’istituto per malati mentali nel quale Paul (Thomas Gloria) vive con la madre che lavora lì, appare come un luogo magico, un’enorme casa sperduta nel bosco che potrebbe essere tranquillamente uscita da una fiaba.
Paul stesso è ancora un bambino, intento a dare voce agli uccelli che và salvando nei boschi.
Sinché nella sua vita non irrompe Gloria (Fantine Harduin) con la sua esuberante esplosione di vitalità, con la sua conturbante carica di seduzione e, come si scoprirà strada facendo, con la sua follia.
Adorazione è, come detto, la storia d’amore folle tra questi due bambini.
Una fuga d’amore segnata da una scia di violenza e di sangue ma anche pronta continuamente ad aprirsi alla magia, al mistero, allo stupore.
Merito degli splendidi paesaggi nei quali i due eroi si muovono e di una macchina da presa, sempre a mano, febbrile e febbricitante che li segue da vicinissimo e sembra seguirne il respiro.
A dettare il ritmo è soprattutto il personaggio di Gloria con i suoi raptus improvvisi e le sue allucinazioni.
Adorazione sembra quasi riannodare i fili del cinema di Du Welz.
Torna la navigazione lungo il fiume che già avevamo visto in Vinyan, immersa stavolta tra verdi vallate e nebbie improvvise che aprono il varco ad altre dimensioni.
Tornano gli improvvisi accessi d’ira e di violenza che avevano già caratterizzato la coppia omicida di Alléluia.
Stavolta però tutto è avvolto da un’atmosfera surreale e sospesa.
Non a caso gli stessi personaggi incontrati dai due ragazzini sembrano anch’essi appartenere al mondo delle fiabe e ci si chiede continuamente se siano fate o orchi.
Ma Adorazione vive anche di suggestioni rubate altrove; oltre alle citazioni esplicite di Magritte è difficile non cogliere echi de L’atalante di Jean Vigo.
Accade soprattutto per la coppia che accoglie sulla propria barca i due fuggitivi.
Anche in questo caso è impossibile non chiedersi se i due, Oscar (Peter Van den Begin) e Lorette (Charlotte Vandermeersch), non nascondano veramente qualcosa come suggerirebbe la visione alienata e distorta di Gloria.
Impossibile, infine, non citare il personaggio di Hinkel, splendidamente disegnato con pochi tratti da Benoît Poelvoorde), un uomo che si è ritirato dalla società e crede di riconoscere la voce della moglie scomparsa in quella delle gru che popolano lo stagno vicino.
Anche il suo, in fondo, è un amore folle alimentato dal sogno di potersi infine ricongiungere con la moglie e stargli per sempre accanto come fanno le gru.
In questo scenario dove si mescolano continuamente magia e follia, realtà ed allucinazione, Du Welz stempera la violenza che avevano caratterizzato gran parte della sua opera in un film non meno allucinato.
Un viaggio magico continuamente sospeso tra realtà ed allucinazione dove la violenza improvvisa di Gloria si accompagna alla seduzione che esercita su Paul, dove l’innocenza dello sguardo di quest’ultimo si accompagna a dei momenti intensissimi nei quali emerge tutta la fragilità ferita della ragazza per una nuova storia di amor fou che tutto brucia (letteralmente) sul suo cammino, che tutto travolge, persino lo stesso Du Welz che riesce, ancora una volta, a stupire in quello che, forse, alla fine è il suo film più tenero, intimo e persino commovente.