Lo Yin e lo yang tra i boschi

DirectionScreenplay

 

La prima mezz'ora di As bestas è straniante. Così come il protagonista, insegnante francese trapiantato nella più remota campagna galaziana,  si ritrova isolato in mezzo agli altri contadini così anche lo spettatore si ritrova catapultato in una povera osteria di campagna dove fatica a capire persino i discorsi degli avventori.

Perché Sorogoyen svela le sue carte poco per volta in un crescendo di tensione. Più cose capiamo più siamo attirati in un cul-de-sac che sembra sempre più senza soluzioni. Con una sceneggiatura di ferro che non trova né vincitori né vinti, che sa mostrare anche le ragioni di chi ha solo la violenza dalla sua parte, che vede inconciliabili due visioni di mondo come quella più agiata e progressista con quella conservatrice e povera di idee e di soldi As bestas travolge.

Ma dopo lo scontro maschile, a quaranta minuti dalla fine, arrivano le donne. Il film cambia toni, cambia genere e aggiunge perfezione a perfezione. Non c'è più spazio per la rabbia o per le rivendicazioni... È ora di fare e provare a coinvolgere... L'ostinazione costruttiva di una donna è l'unico vero motore che riesce a portare avanti qualcosa...

Regia solida, capace di costruire la tensione,  ma anche capace di dirigere alcuni dialoghi i strepitosi (vedi quello di fronte alla bottiglia di vino tra i contendenti, ma soprattutto quello tra madre e figlia nella parte finale) che la sceneggiatura non ha avuto paura di scrivere approfondendo fino in fondo la natura degli scontri e dei personaggi.

Ottimi intetpreti, numerosi premi e canto di un cinema spagnolo sempre più attento al rurale. Decisamente più vero, più sporco e più convincente dell'altrettanto famoso Alcarras a cui si avvicina solamente per le tematiche. Da vedere senza indugi.