Un campo da gioco apre e chiude il film; il bambino motore della trama è un campione di Otello, gioco da tavola diventato celebre sui primi personal computer; è un aeroplano giocattolo la causa di tutto. Fukada forse gioca col destino e con le vite dei propri personaggi, ma sicuramente la vita non è mai bianca o nera come le pedine dell'Otello. 

Il suo è un gioco di sfumature, tanto grigio in opposizione al bianco e il nero, con persone che si incontrano, scontrano e faticano a capirsi. Eppure la vita, gran giocatrice, crea situazioni tristi, complesse, ma che costringono ad andare avanti, a vivere, lottare e cercare la felicità. 

Love life è soprattutto un film di sceneggiatura, un'opera in cui sono i difficili rapporti personali i protagonisti assoluti. Tutti sembrano cercarsi e allo stesso tempo respingersi. Eppure non si può dire che i protagonisti siano incoerenti, sono solo coerentemente confusi come lo è l'uomo moderno. Tutti si dibattono tra tradizione e modernità nei rapporti, tra libertà e coerenza, tra amore e fuga dalle responsabilità. 

Un cast perfetto è alla base di una buona confezione con una regia ricercata e un montaggio accurato. Fukada riesce a far vivere gli appartamenti dei protagonisti sfruttando al meglio gli spazi angusti con la camera. 

Probabilmente manca un colpo d'ala ad elevarlo nell'Olimpo dei grandi film, ma Love life è indubbiamente un film da vedere perché entra profondamente nell'animo e scava a fondo nello spettatore. Non giudica, ma mostra ciò che a volte si fa fatica a vedere e al giorno d'oggi non è poco. Al Festival di Venezia è uscito a mani vuote, ma è sicuramente un'opera che ha meritato quel palcoscenico. Da vedere.