Uscendo dalla sala non ci si può che chiedere che cosa abbiamo appena visto: EO è un'opera davvero particolare, creativa ed innovativa... Ma è bella? 

Da un punto di vista visivo alcune trovate sono indubbiamente suggestive. Il volo in rosso che accompagna il viaggio dell'asino nella parte centrale della pellicola come un fiume di sangue che scorre verso l'ineluttabile resta indelebile nella mente dello spettatore. Un presagio messo in immagini. 

Decisamente meno convincente il lato narrativo. Le disavventure dell'asinello  sono davvero elementari e partono da una tesi animalista abbastanza discutibile e un'antropofobia abbastanza risibile. Le continue inquadrature sugli occhi innocenti dell'asino non fanno che amplificare questo effetto. 

La struttura episodica amplifica l'effetto di opera incompleta in cui appaiono e scompaiono personaggi secondari di poco peso e le giustificazioni dei loro gesti spesso pretestuose: mi chiedo come si possa prendere sul serio la scena della partita di calcio. 

Premio della Giuria all'ultimo Festival di Cannes, presentato al pubblico come una fiaba animalista, risulta essere un inutile panegirico sulla crudeltà dell'uomo con personaggi di contorno scritti con i piedi e scene inutili (vedasi la parte ambientata in Italia). Si può decisamente evitare.