La forza della fascinazione

Quella di portare sul grande schermo un romanzo di formazione cosi soffuso come La bella estate di Cesare Pavese è una delle sfide che fa tremare le vene ai polsi. Sicuramente lo sguardo femminile della regista aiuta in questa impresa e in fase di scrittura della sceneggiatura si sente. 

Perché La bella estate è  un romanzo di formazione al femminile, il racconto di una perdita di innocenza a discapito della crescita personale. Il fatto che la protagonista sia una giovane ragazza lo rende estremamente attuale e ben si presta ad un discorso protofemminista. 

Luchetti si affida ad un forma suadente che cerca di muoversi sulle ali della passione e della tentazione. Ad essere sinceri non sempre ci riesce e l'utilizzo della musica spesso appesantisce le scene. Il ritmo a tratti latita, ma è indubbio che l'opera abbia un certo fascino dettato proprio dalla sceneggiatura che riesce a raccontare la storia senza scossoni, ma in modo coerente e carezzevole. 

Funziona il cast di giovani protagonisti, soprattutto Yike Vianello nei panni di Ginia riesce ad essere credibile senza mai strafare. Giusto viso e giusti sguardi. Brava. 

Un buon film italiano con una solida base letteraria che vale la pena vedere per l'accurata ricostruzione storica e la capacità di trasportare lo spettatore in un anno, 1938, presagio di grandi cambiamenti. Fresco ed intelligente, non poco.