Le verità nascoste... per sempre

Stratificato è il primo aggettivo che viene in mente pensando ad Anatomia di una caduta che è un'opera così complessa che probabilmente una sola visione non permette di diramare tutti i quesiti etici che la Triet propone. 

Semplice nella trama con un numero limitato di personaggi, Anatomia di una caduta sa instillare dubbi nello spettatore e suscitargli domande. Sicuramente alcune sono più nuove altre meno. La riflessione sulla relatività della verità  e sulla difficile interpretazione dei nostri sensi non è cosa nuova. Decisamente più  riuscito il racconto dei dubbi di un figlio/bambino che si trova a fare i conti con una testimonianza sulla vita dei genitori. Qui la regista riesce a non cadere nel sensazionalistico nè nella facile commozione. 

Anzi la pellicola risulta essere addirittura troppo fredda (e non a causa dell'ambientazione). Soprattutto nella seconda parte il lato cerebrale prende il sopravvento e nonostante una regia che si sa ben districare  nelle scene processuali alla lunga il tutto risulta eccessivamente pesante. 

Notevole l'interpretazione della protagonista Sandra Huller, intensa e gelida come il film. Regge sulle spalle un personaggio complesso e granitico: una sfinge che non cerca mai la pietà dell'opinione pubblica, ma una giustizia. 

Palma d'oro all'ultimo Festival di Cannes Anatomia di una caduta è film che concede poco allo spettacolo, cattura lo spettatore e lo stritola in un ingranaggio in cui è impossibile districarsi perché probabilmente le verità di una coppia restano per sempre all'interno e un processo alle intenzioni non può dare certezza. Inquietante, ma vero.