L'idea di partenza di raccontare la vita di un nero che negli Stati Uniti di oggi non si sente una minoranza né una persona che ha subito infinite ingiustizie è buona (arriva da un romanzo). Ma l'American fiction del titolo non si trova tutta lì.
È fiction anche il romanzo in cui il protagonista concentra tutte le disgrazie della popolazione nera, tutte le sofferenze e le ingiustizie. Quello diventa il suo primo successo dopo una serie di romanzi passati quasi inosservati. A questo punto il protagonista ci dà la chiavve del film: più faccio cose stupide più ho successo.
Tanto sarcasmo, tanta ironia raccontano quanto la nostra società faccia fatica a trovare un equilibrio tra il rispetto per gli altri e la discriminazione. Le sensibilità cambiano nel tempo: sono diverse da persona a persona, ma probabilmente c'è una forma di discriminazione anche nel voler vedere e conoscere solamente la tragedia degli afroamericani e non il raggiungimento del benessere.
Jefferson sbanda quando cerca soluzioni registiche alternative che risultano estemporanee, ma è ben sorretto dagli attori. Notevole Wright capace di interpretare un personaggio fuori dagli schemi, che cerca di piegarsi al mainstream, ma non riesce a cambiare la sua vera natura. Bravi anche tutti i comprimari.
Film arrivato alla ribalta agli Oscar, profondamente americano sin dal titolo, ma sorprendente anche per noi europei che probabilmente faremo più fatica a capire le problematiche del protagonista. Non siamo di fronte ad un capolavoro, ma ad un'opera che ha buoni lampi e che si guarda davvero con piacere e non