Recensione di   Balkan Castevet Balkan Castevet

Ring 2

(Film, 1999)

Sequel del meraviglioso Ringu diretto sempre da Nakata che se è vero che non raggiunge le vette del precedente capitolo risulta comunque un buonissimo film.

Ancora una volta il regista mette al centro l'elemento acquatico, “nell'acqua salmastra gli spiriti fanno festa” e si continua, come nel precedente capitolo, a giocare di riflessi, nel finale la sequenza della piscina che riflette lo scenario e dunque i personaggi in scena è la summa di tutto ciò.

L'inizio del film è bellissimo, Takashi, zio di Sadako, deve riconoscere il cadavere di quest'ultima in un'atmosfera cupissima dove progressivamente il verde salmastro si fa vivo in scena. Nakata opta per non mostrare il cadavere allo spettatore perchè sa che è così che si crea mistero.

Questa volta a condurre la ricerca sarà Mai, l'assistente dell'ormai defunto Ryuji. La ragazza vorrà capire cosa sia accaduto andando ad imbattersi nella maledizione.

Nakata opta per mostrare presenze oniriche, Yoichi appare come fosse un fantasma, bianchissimo, si è salvato dalla maledizione ma ha incanalato parte delle paure e del rancore di Sadako.

E' interessante vedere come in questo secondo capitolo non sia solo Sadako a volere vendetta ma anche altri personaggi, oltre a Yoichi ci sarà anche la ragazza che darà una copia della cassetta al giornalista che di fatto tradirà la sua promessa di guardarla condannando la ragazza alla maledizione si Sadako.
Nakata dunque mostra un mondo “ostile” ai giovani, non è un caso che a cercare la vendetta ultraterrena una ragazza e un bambino perchè la realtà causa paure e sconforto. Il sotto testo socio-politico è dunque presente.

Messa in scena e atmosfere sono ben eseguite, toni cupi e scuri va però scritto che non c'è quella perenne sensazione angosciante nel precedente capitolo, gli esperimenti, la ricerca di una spiegazione scientifica da parte del dottor Kawajiri un po' “tolgono” quel senso di inquietudine perenne.

Non mancano comunque sequenze ottime e momenti di tensione, Nakata è anche bravo nel creare momenti dove sembra dover avvenire il jump scare ma invece non utilizza questo “mezzo” riuscendo comunque a far rimanere incollato lo spettatore.

La ricostruzione del volto di Sadako con i flash della foto, Takashi che guarda il volto ricostruito sono sequenze che si prendono il loro tempo e che hanno la loro buonissima resa e tensione.
La messa in scena è coronata da ombre, sfondi scuri, neri, l'oscurità, la maledizione è viva e pervade tutto.

Per la gestione dei tempi è obbligo citare la sequenza di Masami nella clinica, i tempi dell'attesa sono lunghi, Masami avanza lentamente con il separé e quando si dirige nel “salottino” parte il video maldetto nella tv.

Tornando su Yoichi, quando questo manifesterà i suoi “poteri” sarà subito etichettato come demone, proprio come avvenuto per la madre di Sadako, l'abilità fuori dal normale del giovane non è riconosciuta dai vecchi canoni della società perciò Reiko, la madre, scapperà con lui e qui Nakata dirige una sequenza meravigliosa.
Quando madre e figlia stanno per attraversare la strada piomba il bianco e nero, Reiko parla con il defunto padre, sacrificatosi per salvare Yoichi dalla maledizione, siamo nell' aldilà e quando torna il colore con un movimento di macchina si passa dal camion a Yoichi mentre dal braccio di Reiko steso a terra parta la scia di sangue che lentamente si avvicina a Yoichi, una sequenza memorabile.

Nel terzo atto si amplierà la lore di Sadako, ottime le scene nella grotta con un'atmosfere lugubre, la presenta del vento che aggiunge mistica al tutto e il santuario a dare quella resa da folk horror.

Le acque della piangente offerta, i figli indesiderati lasciati li in modo che il mare li prendesse con se, Mai si chiederà chi sia effettivamente il padre di Sadako.

Successivamente arriva la sequenza forse migliore del film, quella che quasi da sola vale la visione del film, le specchio della stanza che fu di Shizuko inizia a tremare mentre Mai ritorna dalla grotta.

L'inquadratura angosciante di Shizuku che si specchia mentre si pettina, come nel filmato maledetto, lo specchio che si muove inquadrando la piccola Sadako con il dettaglio dei suoi piedi mentre avanzano in scena, Nakata sa inquietare e sa prendersi i suoi tempi. La sequenza continua con Shizuko che si gira senza completare il movimento e specchiandosi di nuovo, quando infine si girerà verso Mai, Nakata regala un movimenti di macchina memorabile a donare a Shizuko la sua essenza spettrale.

L'esperimento finale con Yoichi mostrerà come non si possa dare una spiegazione scientifica alla maledizione, bellissima la cassa con in volto di Sadako, precedentemente lanciata in mare, apparire nel fondo della piscina.

Ottimo il movimento di macchina a capovolgere l'inquadratura che farà piombare Mai e Yoichi nel pozzo per la loro risalita con la luce ad illuminare il volto di Mai per l'aiuto spettrale che sta per ricevere, tutto gestito molto bene.

Questa volta Sadako sembrerà voler ostacolare la risalita e Nakata è bravo a non dare quella resa posticcia da “demone ninja” che spesso avviene in horror moderni, anche stavolta Sadako lascerà vivere la ragazza protagonista della ricerca ponendo proprio a Mai il quesito del perchè sia stata lasciata in vita.
La risalita se nel complesso non è fantastica come quella del precedente film è lo stesso molto buono e ben eseguita.
Come scritto, se è vero che non ci sono scene ormai iconiche nell'immaginario collettivo come il long take della tv e anche Reiko che guarda la cassetta in ginocchio con la tv inquadrata grande quindi dominante su di lei nel primo Ringu; questo capitolo sa lo stesso regalare sequenze angoscianti e inquietanti che fanno davvero scuola.