Recensione di   Balkan Castevet Balkan Castevet

Prey

(Film, 2024)

La fede, il credere, il destino.
Prey racconta di un gruppo di persone, su tutte le coppia di missionari marito e moglie, che dopo un incidente aereo si ritrovano alla mercé di animali feroci e famelici.
A livello di fotografia e messa in scena il film è valido, ci sono inquadrature notevoli, costruite benissimo ad esempio la scena del tramonto è bellissima, così come è suggestiva la scena con il segnale di fumo tra i resti dell'aereo o gli occhi dei leoni in avvicinamento durante la notte.
La regia di Makunda Michael Dewil perciò mostra delle qualità, un ottimo gusto nel comporre le inquadrature, nell'utilizzare la luce solare per costruire quadri dal buon colpo d'occhio, gli animali che si vedono non sono in cgi però è sul lato della scrittura che il film latita.
Innanzitutto, bisogna soprassedere al fatto che il gruppo sopravvive all'incidente aereo, ok ci si può anche stare, il film però diventa molto cristiano-centrico.

La fede della missionaria, la decisione di rimanere nei resti dell'aereo insieme al compagno perchè loro hanno fede e dunque il tutto dovrà andare bene, è un concetto molto da catechismo così come molti altri risvolti.
Il fulcro del film è l'avere fede e il credere, fede nella religione ma anche nei compagni e nel caso dei protagonisti nella coppia.

C'è un momento scenicamente anche esteticamente bello, con il protagonista che da il crocifisso al centro dell'inquadratura irradiato dalla luce solare ad un altro superstite che però lo rifiuta perchè non crede, inutile aggiungere quale sarà l'esito per tale personaggio.
Le molte inquadrature dall'alto suggeriscono proprio una presenza superiore che osserva il tutto, emblematico nel finale quando il dottore-missionario alle prese con gli sciacalli sarà salvato da un fulmine ad impaurire gli animali. 

Il problema dunque non sono gli elementi cristiani in un film o anche la stessa fede che possono avere i personaggio ma anche i membri del team creativo, regista, sceneggiatore; ma quando un film diventa una sorta di spot pro-religione dove questa diventa il focus di tutto si va un po' oltre.
Un altra nota dolente è che gli attacchi degli animali avvengono fuori campo, dunque alcune morti, i momenti più violenti, il sangue non sono mostrati.
Anche alcuni momenti di scrittura, al di la degli aspetti religiosi, risultano deboli, il pilota-contrabbandiere sembra essere egoista, burbero, la sua redenzione risulta repentina, cambia atteggiamento un po' troppo da un momento all'altro senza una costruzione dietro.
Altro momento debole è quando i superstiti sono assaliti dagli autoctoni del luogo ma questi addormentandosi danno spiraglio di uscita, l'espediente, la situazione poteva essere scritta e gestita meglio.
Il finale con il protagonista, il medico-missionario, che tramite il crocifisso illuminato dal sole rivede la compagna chiuse il suo cerchio, la fede, il suo credere.

Ammetto che vorrei rivedere il regista in altri progetti perchè qualche qualità la mostra e di fatto è l'unico punto di interesse del film, questo purtroppo non ha morente nei momenti d'azione, negli assalti degli animali ed ha una scrittura eccessivamente da spor pro-cristianità , che ripeto, ognuno crede o non crede in ciò che vuole ma da un film, da una storia ci si aspetta anche altro.