Anatomie d'une chute / Anatomia di una caduta è un film che riesce bene a mostrare le emozioni dei personaggi su tutti quelle di Sandra e del figlio Daniel; al processo non interessa la verità ma come viene “venduta” la propria tesi perciò Sandra per non essere incolpa della morte del marito Samuel dovrà incentrare la sua difesa sul suicidio del marito.

La regia di Justine Triet è convincente nel mostrare tutta la fase del processo, l'incalzare dell'accusa, è un film dove non c'è una verità, questa non viene rivelata e si tenta di fatto di ricostruire l'accaduto per supposizioni e teorie.

La palla che cade dalle scade ad inizio film già anticipa il concetto della caduta, dopo l'accaduto sono ottime le singole inquadrature sulle scale, sulla tettoia a marcare il luogo dell'incidente/omicidio.

Nel film c'è molta camera a mano sia per dare realismo ma anche per dare il senso di tensione che i personaggi provano.

La fotografia mostrerebbe anche toni caldi con i marroni, beige della casa in legno ma la presenza della neve, i perenni azzurri danno sempre sensazioni fredde, in quanto il tuto è gelido, la famiglia non vive un privato “semplice” ed ovviamente ci saranno dei dubbi anche per lo stesso Daniel sul come agire, sul cosa credere.

Sarà Daniel, non vedente, a trovare il cadavere del padre mentre porta a spasso il cane, guinzaglio di colore rosso che anticipa l'evento di sangue.

La cecità di Daniel rappresenta il non poter vedere, conoscere davvero la verità, la testimonianza di Daniel basata su una suo convinzione, quindi soggettiva, sarà determinante per l'esito del processo, testimonianza dichiarata con addosso un maglione rosso, la nota di sangue è spesso presente insieme alle tonalità quasi sempre fredde del film.

Nel finale è molto interessante notare come sarà Daniel a consolare la madre Sandra, è il figlio ad avere la posizione “dominante” nella scena.

Molto bello.