Ci sono vampiri alla mia porta

Il film racconta la love story queer tra Adam e Harry costernata dai riflessi del loro non semplice passato, quest'ultimo che come i vampiri, chiaramente come metafora, è pronto ad entrare ad irrompere nelle loro vite, specialmente di Adam che non lascerà godere del presente.
Adam e Harry si cercano, si guardano a distanza dalle finestre, ottima la scena ad inizio film del palazzo che svetta verso l'alto con la luce notturna nella stanza di Harry e la sua sagoma alla finestra. Momento che sarà ricambiato quando sarà Adam dalla sua stanza a guardare Harry dalla finestra successivamente il tutto sempre dal punto di vista di Adam che è il protagonista del film.
Entrambi i personaggi sono soli, la regia di Haigh sottolinea ciò già dall'inizio mostrando Adam solo in casa, quando percorre il corridoio ed anche in strada; la solitudine e sarà espressa anche dai dialoghi e dai momenti del passato dei due uomini.
Entrambi hanno vissuto in famiglie che non hanno accettato la loro sessualità, o meglio, Adam soprattutto non ha avuto il tempo di dirlo ai suoi, scomparsi quando aveva dodici anni, questo riflette sulla sua vita si immaginerà di andare a trovare i genitori e di parlarci.
Così facendo sarà lui stesso a far entrare i vampiri nella sua vita, un passato dove non ha potuto manifestarsi e dove ora racconterà la sua sessualità ai genitori.
Qui Haigh da sfoggio di tanti giochi di riflessi, le proiezioni sia di Adam che di Harry, ottima la scena sull'ascensore a riguardo che cita Quarto Potere, proiettano proprio le loro essenze nel tempo.

Adam è in personaggio che guarda, vede, sotto questo, ma anche altri aspetti il film prende molto di Mann, gli stessi personaggi si potrebbero definire “manniani”.
Il loro essere soli, il cercarsi, i riflessi, il proiettare lo sguardo, Adam guarda dalle finestre, scruta verso la vecchia casa dei genitori, guarda dal finestrino del treno. Qui molto interessante quando vede un bambino con la famiglia che, come lui, guarda dal finestrino. Adam rivede se stesso in quel bambino che si isola e preferisce guardare fuori alla ricerca di un'altra strada, di un altro io.

Come nel cinema di Mann anche in All Of Us Strangers i personaggi scelgono, Adam sceglie di far entrare i vampiri, il suo passato e ciò non gli farà godere del rapporto con Harry che a sua volta deve combattere con i suoi “vampiri”.
Entrambi hanno bisogno l'uno dell'altro, è chiave la sequenza dove entrambi si recano nella vecchia casa dei genitori di Adam e qui il protagonista nonostante l'evidenza vuole vedere i suoi, vuole un confronto con loro e un conforto, per tutto il film si ri-immagina un rapporto familiare, allo stesso tempo Harry preso dallo sconforto andrà via, i due hanno scelto e questo porterà a drastiche conseguenze.
Il finale conclude bene il cerchio del film e porta a compimento tutto ciò che che Haigh ha preparato, la realtà per Adam è oscura, un amore che era stato trovato ed ora Adam nonostante tutto ciò che è accaduto e l'isolarsi non vorrà far entrare i vampiri alla porta di Harry anche se troppo tardi, nel finale con l'inquadratura che va verso l'altro facendo diventare i due dei un puntino che brilla nel cielo notturno forse c'è la scelta consapevole di ciò a cui andrà incontro Adam, forse per lui quel “vampiro” è meglio della realtà.

 

Il film ha dei dialoghi un po' prolissi e a tratti sì, cerca un sentimentalismo forse un po' “facile” però la regia sa ricreare i suoi momenti ad esempio tutto il dialogo nel primo atto tra Adam ed Harry alla porta, proprio per tempi ed intensità è gestito molto bene ed è interessante come qui Adam scelga di non far entrare Harry ma ciò avverrà dopo che avrà “visto” i suoi genitori ballare insieme con un'inquadratura molto bella che ricrea proprio il quadro dei genitori di Adam con lui che li osserva.
Sulla regia oltre a quanto già scritto, ci sono bei momenti sia caldi che freddi con la fotografia e messa in scena che utilizza molto bene i toni sia blu che rossi, bella la scena che anticipa il party con Adam che si alza dal letto con un movimento di macchina a ricordare un po' Talk to Me, o volendo Veronica di Paco Plaza.

 

E' dunque un film che ha delle idee, c'è regia e ci sono spunti, non è, solo, una storia queer che punta alla lacrima o al sentimentalismo facile, come scritto a tratti un po' di ciò nel film può esserci ma per fortuna Haigh mostra anche le sue qualità dietro la macchina da presa costruendo un racconto consapevole.