TUTTI I FILM DI ZACK SNYDER DAL PEGGIORE AL MIGLIORE

Nessuno nel panorama cinematografico contemporaneo è discusso - e discutibile - come Zack Snyder. Ogni suo film e ogni sua uscita pubblica fanno partire interminabili discussioni nel web, con vere e proprie fazioni schierate pronte a combattersi commento dopo commento. Piaccia o non piaccia, l’unica cosa che non si può togliere a Snyder è il suo essere un autore. E ciò non vuol dire esprimere alcun giudizio qualitativo ma è semplicemente una constatazione oggettiva.

 

 Snyder ha una sua visione - tanto del mondo della narrazione quanto del linguaggio cinematografico - che ha portato avanti, film dopo film, lungo tutta la sua carriera. Un percorso che, in occasione dell’uscita della seconda parte di Rebel Moon, vogliamo affrontare partendo dalla sua opera peggiore e arrivando alla migliore.

 

Rebel Moon - Parte 1&2

Partiamo dall’ultima fatica targata Zack Snyder ma, a differenza della scelta distributiva fatta, teniamo unite la Parte 1 e 2 di Rebel Moon. Il progetto, arrivato a cavallo tra il 2023 e il 2024, doveva rappresentare un nuovo approccio al grande blockbuster dopo il suo arrivo su Netflix e la prima opera di assestamento (Army of the Dead) nata dall’unione tra l’autore e il colosso dello streaming. Uno Snyder lontano anagraficamente maturo, lontano dal periodo difficile, che non doveva tener conto di alcuna proprietà intellettuale, libero di creare e con un ottimo budget a disposizione. Il risultato finale però è il perfetto esempio di quello che una parte degli spettatori gli ha sempre rinfacciato: una bella mano per le scene d’azione, gusto per il singolo shot ma d’altro canto un’incapacità narrativa sorprendente. E soprattutto in questo caso un esasperato ma vuoto citazionismo in un progetto che sembra nato nell’epoca sbagliata.

 

Sucker Punch 

Non si fa alcuna fatica a tirare un fil rouge in grado di unire Rebel Moon e Sucker Punch. Il film del 2011 arriva in una fase della carriera abbastanza simile a quella del progetto Netflix. Snyder in quel momento ha alle spalle 4 lungometraggi. Sono tutti, tra remake e adattamenti, tratti da proprietà intellettuali esistenti. Hanno già creato una spaccatura nel pubblico ma d’altro canto sono di buon successo. Ecco allora che Snyder ha la possibilità di portare in scena un progetto personale, pianificato per diversi anni. Nasce Sucker Punch ma anche in questo caso l’accoglienza è disastrosa. Chi lo aspettava al varco aveva trovato il perfetto bersaglio per le sue accuse. Un film che riusciva a creare singole immagini impressionanti per il livello di dettaglio e di particolari in scena. Ma anche in questo caso risultava totalmente inconsistente a livello narrativo, derivativo all’inverosimile.

 

Army of the Dead

Facciamo un altro balzo in avanti in questo nostro strano percorso all’interno della carriera di Zack Snyder. Siamo all’alba della sua collaborazione con Netlfix, a qualche mese di distanza dalla release della famigerata Zack Snyder’s Justice League. Il progetto riporta inevitabilmente alla mente l’esordio del regista americano, che torna dopo quasi 20 anni all’interno del recinto degli zombie movies. Anche qua però subentrano i classici problemi che si verificano quando è lui a gestire nella sua interezza un progetto. Certo, il genere aiuta. Snyder va a nozze quando si tratta di gestire scene di massa e gli zombie si prestano, così come un contesto “limitato” e più lineare. Eppure cade in alcune esagerazioni che trascinano alcuni passaggi nel ridicolo, così come nei classici eccessi di pathos totalmente fuori contesto.

 

Il regno di Ga’Hoole - La leggenda dei Guardiani

Il Regno di Ga’Hoole è forse il film meno spiegabile della carriera di Snyder. Il classico titolo su cui cade l’occhio e apre dubbi sull’essere o meno sulla pagina web giusta. Semplicemente è difficile ricordarselo o, quantomeno, ricordarsi di associarlo alla carriera di Snyder. Eppure il film non è così male. Certo, fatica a esprimere un vero potenziale narrativo ed a far sposare il proprio mood con quello del target di riferimento (cosa che spiega sufficientemente il risultato poco brillante al botteghino). Eppure mantiene una sua grande dignità a livello visivo, con il regista che riesce a dar sfogo alla sua, innegabile, capacità tecnica e visiva. Invecchiato non malissimo, alcuni momenti rimangono di ottima fattura.

 

Batman V Superman

Ed eccoci arrivati a una vera e propria pietra della discordia. Prima di tutto un po’ di contesto. Siamo nel 2014, la Marvel sta correndo all’impazzata in piena Fase Due, inanellando un successo dopo l’altro. Due anni prima, guidata da Joss Whedon era riuscita nell’impossibile, ovvero non solo portare con dignità e qualità su schermo gli Avengers ma pure usare quell’assemble come un enorme scommessa al rialzo. In casa DC il successo del Batman di Nolan aveva paradossalmente impedito di seminare il necessario per creare un universo e si erano trovati ad inseguire e nel mentre il rilancio di Superman era stato affidato a Zack Snyder di cui si attendeva un sequel. L’idea che saltò fuori fu quella di saltare le tappe, trasformare il seguito in uno scontro tra l’uomo d’acciaio e il crociato incappucciato, con tanto di introduzione a un vero e proprio universo espanso e condiviso. Il risultato è un’accozzaglia di roba impressionante. Snyder prova a infondere di epicità ogni singolo frame, con alcuni passaggi indubbiamente riusciti e memorabili. Ma nel complesso il caos, i passaggi inspiegabili e le cadute di stile escono vincitori. 

 

L’uomo d’acciaio

Altro passo indietro, torniamo al progenitore di Batman V Superman. Snyder viene scelto per il già citato rilancio, sotto la “supervisione” di Nolan. Il problema principale del film è lo script di Goyer che ha passaggi al limiti del parodistico, su cui spicca senza ombra di dubbio la morte di Jonathan Kent, oltre che un’atmosfera generale - su cui il regista calca la mano - che sembra lontana anni luce da quella adatta al kryptoniano. Eppure in questo caso arriva salvifica la mano di Snyder che sfrutta il finale da vero e proprio disaster movie per dar sfogo alla sua abilità. Lo scontro tra Superman e Zod rimane ancora oggi memorabile per ambizione e portata, sopra anche alla maggior parte degli scontri su larga scala mai portati in scena in casa Marvel. Certo, porta anche in seno il problema morale della distruzione di Metropolis. Ma sul piano visivo non gli si può certo dire nulla.

 

L’alba dei morti viventi

Arriviamo al film d’esordio del regista americano che, dopo una discreta gavetta nell’ambito degli spot commerciali e dei videoclip musicali, approda nel mondo del cinema. Il progetto è presto detto, una volta messo sotto contratto dalla Universal gli viene affidato il remake di Dawn Of The Dead (Zombie in Italia), lo storico film del 1978 di Romero. Lo script è di James Gunn, curiosamente lo stesso che poi 20 anni dopo arriverà alla guida dell’universo DC ad azzerare lo Snyder Verse. E non è un caso che proprio dalla mano di uno dei più talentuosi sceneggiatori di questa generazione esca uno dei migliori film di Snyder. Il regista, ancora timido probabilmente, si appoggia al copione senza colpo ferire, concentrandosi nelle scene d’azione e dando subito sfoggio della sua buona mano. Anche qua in alcuni passaggi la coesione narrativa viene dispersa. Eppure i singoli segmenti ancora oggi funzionano alla perfezione.

 

300

Il progetto successivo porta subito Snyder su una materia che poi contraddistinguerà negli anni la maggior parte della sua produzione. Ovvero l’adattamento di un fumetto. Non di un autore a caso, ma di quel Frank Miller che citerà a più riprese, in particolare Il ritorno del Cavaliere Oscuro come fonte principale d’ispirazione nel periodo di Batman V Superman. In 300 Snyder si impegna a ricalcare il più possibile la materia originale, iniziando a esasperare i rallenty - che diventeranno un marchio di fabbrica - quasi come a riportare alla staticità della tavola le sue immagini in movimento. Un film completamente figlio del suo tempo e soprattutto in grado di intercettare - e in parte di formare - un gusto che proprio in quell’inizio di 2000 si stava sviluppando. Certo, l’esasperazione è al massimo livello, così come l’insistenza di Snyder nel dipingere i suoi protagonisti oliati e muscolosi. Ma è innegabile che nella memoria collettiva di una generazione 300 sia ben impresso.

 

Zack Snyder’s Justice League

Come forse noterete in questa classifica non c’è alcuna traccia di Justice League. Un progetto figlio di nessuno se non di scelte scellerate tanto dal punto di vista umano quanto da quello professionale. C’è invece la versione interminabile, sbilenca e inspiegabile di Zack Snyder. Un vero e proprio caso-studio per quanto riguarda il mondo contemporaneo delle grandi produzioni cinematografiche occidentali. Sia chiaro, non c’è praticamente nulla di positivo nelle dinamiche che hanno portato all’uscita di questa Director’s Cut. Così come è difficile dare un giudizio oggettivo al film. Eppure si tratta di un’opera - specialmente nella versione in bianco e nero - così esasperata (ed esasperante), così estrema nella sua autorialità che non può lasciare indifferenti. Si può odiarla certo, così come si possono sottolineare gli eterni problemi dello Zack Snyder autore. Ma non si può rimanere in alcun modo indifferenti a determinate immagini e scelte stilistiche portate all’eccesso più totale. Soprattutto a fronte di un appiattimento costante che ha colpito le grandi produzioni hollywoodiane.

 

Watchmen

Veniamo a Watchmen, il titolo che probabilmente più di tutti è in grado di mettere d’accordo le fazioni createsi attorno al regista americano. Certo, anche qua le critiche non mancano. In particolare quelle legate all’eccessivo ricalcare le tavole tratte dal capolavoro di Moore-Gibbson. Ma Snyder a differenza di praticamente tutto il resto della sua carriera riesce a non perdersi mai in nessun passaggio della narrazione. Segue pedissequamente il percorso già tracciato, per poi cambiare sul finale in un passaggio che ancora oggi fa discutere ma che quantomeno ha una sua piena coerenza. Sì, ci sono le esagerazioni e le scelte non proprio fini (come quella di mettere Hallelujah durante una scena di sesso). Allo stesso tempo regala alcune sequenze da sogno, fa un lavoro eccelso nelle atmosfere, sposando perfettamente la sua costante voglia di opprimere gli spettatori con il mood dell’opera originale. E in più, andando a ripescare la sua anima da videoclip - regala dei titoli di testa che ancora oggi fanno parlare tutti per la loro perfezione.

 

di Giacomo Lenzi di ScreenWorld.it per Filmamo