Non sono le mani a cantaree nemmeno il petto.Canta ciò che tace.(Adam Zagajewsky) Non facciamo altro che parlare.Anche da muti. Anche da morti.Non sappiamo fare altro.È tutto ciò che abbiamo.La voce, la nostra voce.Anche chi non ha la bocca.È il suono dell’io, la vibrazione del sé. Here I’ve come, I wont be longjust to ask, what you should knowthere is this land down belowno hope in my soulthere is no feelingthis world’s too cold Canto è esistenza, dice Rilke.È così, in ogni senso possibile.Questo significa che il silenzio è caos.Un assedio di storie, un oceano di racconti in tempesta.Dio è l’unico che può permettersi il lusso di tacere. Here I lie and watch the starsfeel I’m dreaming all my lifehere is the love I’ve forgotmy heart’s dancing glowsomething is wrong, I don’t belong, oh no In principio, dunque, era il canto.Era il verbo all’infinito, era il ritornello.Era la ripetizione, il continuo ritorno.Era l’onda che si frange sulla riva.Era ancora e ancora e ancora.Sarà il canto, dunque, anche alla fine. Nobody knows I’m hereyeah yeah yeahnobody is talking to meand noone can set me freenobody knows I’m hereyeah yeah yeahsome day the stars over mewill feel what I need to feel E i sogni, naturalmente, le passioni, i desideri.Il fuoco della vita, in altre parole, in tutte le parole, che deve bruciare.Perché se viene soffocato allora niente funziona, niente ha veramente senso.Memo è un uomo che vive isolato dal mondo.Il mondo è un luogo che vive isolato da Memo. Hear my voice beyond my eyesfeel the love, feel the ridethere is no cloud in the skyno reason to cryjust the stars that glow insidewont go back, I’m out of sightcosmic dust fills the nighthear no sounds and no lightforgot who am I, cant find home I don’t belong, oh no LaLeggi tutto
Un ex cantante bambino traumatizzato dalle proprie esperienze si isola per superare il dolore, ma poi arriva una donna nella sua vita che lo sa ascoltare per davvero.