Il critico dei Cahiers du cinéma Serge Daney si chiede se Il Regno di Napoli sia "una finzione di sinistra, un melodramma kitsch, un fotoromanzo, una cronaca decadente di una città, un'opera in tonalità minore, o semplicemente il primo film narrativo realistico di Schroeter?" È tutto questo e altro ancora: un'epica cronaca della vita familiare proletaria a Napoli dal 1943 al 1972 che cattura brillantemente la miserabile povertà, le passioni esagerate e gli sconvolgimenti politici, religiosi ed economici della Sicilia attraverso due generazioni. Schroeter assimila l'estetica neorealista e le simpatie di classe con gli eccessi tempestosi del melodramma popolare, prendendo liberamente in prestito da Rossellini, Pasolini, Visconti, Brecht e Rossini. (Sfaccettature)