Linklater mette in scena l'omonima opera di Philip Dick, in maniera magistrale usando la tecnica del rotoscope, una tecnica di animazione in cui le figure umane risultano molto realistiche e che appare molto utile allo scopo che si prefigge. E già perché lo straordinario disegno orchestrato alla perfezione dal regista, annacqua, diluisce fino ad annientare la realtà, ne attenua i connotati, vanifica ogni tentativo di unità di prospettiva e ne trasforma l'esegesi ultima, come una luce che si sfalda in arcobaleno passando attraverso un cristallo prismatico. Non ci sono verità definitive, solo processi, sembra dirci Linklater sulla scorta di Philip Dick. Seguiamo quindi la vicenda di Fred, detective della narcotici, che si intrufola in una squattrinata e involontariamente comica gang di assuntori e spacciatori della "sostanza M", una potentissima droga che altera le percezioni, con effetti micidiali e deleteri sul cervello, e che lo porterà, infine, a calarsi, con il nome di Bob Arctor, in una esistenza diversa dalla propria, ma non meno vera e reale della prima.
Come Bob Arctor inizia a provare delle sensazioni per Donna (la ragazza del gruppo) forse che sono meno reali? non ne condizionano le scelte? Ma allo stesso tempo Bob continua ad impersonare Fred che deve controllare e accertare la pericolosità del gruppo. La polizia non conosce la reale identità di Fred, perché quando si trova in servizio è sempre provvisto di una tuta disindividuante che ne altera e deforma l'aspetto. Il suo servizio gli impone di indagare su Bob Arctor. Le mani che stringono il collo di Bob, sono le stesse che si trova Fred intorno al proprio. Vivere significa essere in pericolo scriveva Nietzsche, Philip Dick riformulò l'aforisma scrivendo che vivere significa essere cacciati. E il predatore quasi sempre è preda di se stesso e di enormi ingranaggi che si muovono in senso contrario ai propri desideri. La ridda di personaggi si trova a complottare e cospirare in un disegno che sfugge completamente ai nostri occhi e ad ogni logica razionale, in cui addirittura la compagnia privata incaricata della vigilanza e della rieducazione delle vittime della sostanza "M" è la stessa che la coltiva e la immette sul mercato. Persino l'inaspettato tradimento di Donna, che oscilla tra l'amante drogata di Bob e il supervisore di Fred, provvista anch'essa di tuta disindividuante, non è neanche l'ultima manipolazione di questa assurda e bizzarra storia, dove non c'è prospettiva che si ribalti in un'altra. Perché, in fondo, anche questo sembrano dirci Dick e il suo doppio Linklater, è impossibile smettere di credere alle proprie menzogne. Ciò che facciamo ogni volta non è che impersonare qualcuno e indossare una tuta disindividuante, una maschera, una delle tante possibili, nell'enorme quinta teatrale della vita, ciò che ci sfugge irrimediabilmente resta sempre l'intero processo. Quello è ciò che ineludibilmente rimane celato ai nostri occhi sotto la superficie.
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di Rocco