Snowpiercer

Sulla metafora sociale di Snowpiercer penso sia stato già detto tutto. Io però non condivido la visione di fondo, come mi capita di leggere e ascoltare spesso, che si basa sull'equivalenza uomo = essere spietato che distrugge tutto e tutti . L'essere umano è intrinsecamente egoista, violento, omicida, annienta la "natura" e uccide il suo prossimo, e i ricchi contro i poveri e la lotta di classe e questo capitalismo brutto e cattivo e questo consumismo ossessivo e questa società conformista e "ci controllano" e "ci impongono" e blablabla: decisamente no. Non è così. Anzi. E non esiste ordine sociale che non abbia norme, gerarchie, ruoli e leggi. Anzi, dico di più: i sistemi gerarchici esistono in natura, basta guardare un qualunque termitaio, un qualsiasi alveare, qualsiasi branco o stormo, qualsiasi "gruppo" animale, ma finanche nel regno vegetale esistono condizioni riconducibili a una dinamica organizzativa di tale natura. Quindi sì, inevitabilmente esistono ruoli e status diversi - i "vagoni" esistenziali del treno umano non sono certo un'invenzione della modernità. E i discorsi tra Wilford e Curtis, uno dei principali pregi del film, sono leggibili in questa prospettiva, secondo me. La coda e la testa che devono collaborare è un concetto fondamentale, funziona su più livelli. Così come quello di omeostasi, di equilibrio, di mantenimento delle condizioni vitali: nel film lo dice Mason (una strepitosa Tilda Swinton) parlando dei pesci e dell'acquario, ma è un concetto che viene poi ripreso da Wilford quando parla della necessità di contenere il sovrappopolamento (la natura stessa - leggi: regno animale, non parlo di sapiens - si pone, fin da sempre, questo problema - scarsità delle risorse e crescita demografica - e attua le sue soluzioni: omosessualità e cannibalismo su tutte). E tantissimi altri spunti di riflessione, un mare di tematiche su cui discutere e ragionare, che mi entusiasmano e coinvolgono molto, ma rischio di divagare troppo e di tediare chiunque abbia avuto la malsana idea di leggermi.

Il finale, che di certo non è lieto né roseo, per me non è nemmeno così nero, radicale, senza speranza. Non lo so. Mi pare plausibile pensare che non sia quella la fine. Qualcosa di "sospeso", possibile, sicuramente inatteso e imprevedibile (come praticamente ogni evento della storia umana) secondo me può esserci. Potrebbe essere sopravvissuta altra gente all'impatto; le scorte di cibo e di acqua presenti sul treno potrebbero essere sufficienti per resistere ancora quel tanto che basta perché il pianeta torni abitabile; potrebbe già esserlo; il freddo, in certe zone, potrebbe essere accettabile; la specie umana potrebbe ripartire, non estinguersi, resistere. Del resto, la storia di questo pianeta e della vita in ogni sua declinazione sono il frutto di una serie di "potrebbe": una serie infinita di errori, il caso e la necessità (come direbbe Monod) ci hanno portato qui, e siamo come siamo. Per questo non me la sento di escludere che il finale possa avere in sé una briciola infinitesimale di "speranza". 

Il bianco dell'orso sul bianco della neve: potrebbe essere l'inizio della cecità definitiva (estinzione), oppure l'indizio di una nuova luce (rinascita).