Porci con le ali

1. Torta rustica ai funghi

L’amore può avere gli occhi di un maiale e l’odore del bosco bagnato dal sole stanco dell’autunno.
La vita può essere un monumento alla solitudine, si può essere isole, e lasciare che la neve ricopra intere distese di anima.
I giorni possono essere tutti uguali, le notti possono fare paura e caricarsi di mostri e di ricordi (che poi sono la stessa cosa), così come ogni alba, così come ogni buio.
E si può continuare, in qualche modo, in qualche forma, a essere vivi.
Nel silenzio dell’uomo, nel sapore di una voce registrata su un’audiocassetta, nel frastuono delle foglie che precipitano dall’altezza delle stelle.
Rob accarezza il suo maiale e raccoglie i tartufi che hanno trovato. Li scambierà con beni di prima necessità con l’unica persona con cui interagisce. Per il resto, ha solo il suo animale, i suoi ricordi e i fantasmi che graffiano il suo sonno.
Un cercatore di tartufi, dunque. Di quelli pregiati, tanto richiesti dai grandi chef. Si può vivere anche così, perché no? Lontano da tutto e tutti, vicino al precipizio della solitudine più affollata che si possa conoscere. Rob sembra aver accettato la sua esistenza, o meglio: si è rassegnato al suo naufragio esistenziale. Come fanno i condannati a morte o i malati terminali, che in qualche modo prefigurano il momento del trapasso, lo esorcizzano, cercano di dargli un senso, tenendo a bada speranze e illusioni (i mali più atroci per chi non può permettersi di evadere dal proprio destino).
E allora continua, gira per i sentieri di foglie tra gli alberi, cerca tartufi, cucina per sé e il suo maiale, che è tutta la sua vita, e alla sera dormono vicini.
Ma una notte accade che i coyote ululino più del solito, il maiale ha paura, si avvicina alla porta della loro casetta di legno. Rob si alza e cerca di calmare il suo animale. Ma è un attimo. Qualcuno sfonda la porta, colpisce Rob e ruba il maiale.
Le sue urla di terrore pervadono la notte, penetrano nel bosco.
 
 

2. French toast della mamma e capesante destrutturate

L’amore può essere un maiale che ti guarda negli occhi e non distoglie lo sguardo.
Rob si risveglia, stordito e ferito alla testa. Tenta di fischiare per richiamare il suo animale, ma dalla sua bocca non esce niente.
Allora fa quello che non avrebbe mai voluto fare.
Torna in città.
Chiama il suo amico e con lui si metterà a cercare il suo maiale.
Ecco, Pig è un film costantemente in bilico, non è mai pienamente thriller, mai compiutamente esistenziale.
Le scene sembrano essere messe insieme con un filo poco chiaro, ma è un film al quale perdono tutte le forzature e tutte le (più o meno piccole) incongruenze.
Scopriamo che Rob è stato lo chef più importante, bravo e creativo della città. Ed ha lasciato tutto quando ha perso la sua famiglia. Perché niente aveva più senso. Sono trascorsi quindici anni da allora. Ma lui si ricorda di ogni pasto che ha preparato, di ogni persona che ha servito. E conosce bene anche il sapore della disperazione, del dolore, della solitudine infinita. Ma conosce anche il calore di pura vita che può dare un animale domestico, un compagno col quale condividere il peso dei giorni, le angosce del buio che ha invaso il cuore.
Adesso Rob vuole soltanto ritrovare il suo maiale.
E lo fa con Amir, il suo amico (personaggio altrettanto interessante), che imparerà a conoscere il passato di quest’uomo che ha vive nel bosco con un maiale.
Arrivano a scoprire chi lo ha preso, le ragioni del rapimento.
È stato il padre di Amir, un grosso imprenditore, che fa del commercio di tartufi una delle sue fonti di guadagno.
Rob attraversa il suo calvario per ritrovare l’animale che ama (e che non gli serve per trovare tartufi, dato che gli basta l’aiuto degli alberi).
Ma la verità è che il maiale è morto la stessa notte in cui lo hanno rapito.
Rob crolla sul pavimento e scoppia a piangere, sotto gli occhi di Amir e di suo padre, quest’ultimo che invece piange per il ricordo suscitato dalla cena preparatagli da Rob (identica a una cena di vent’anni prima preparata sempre da Rob per lui e la moglie).
Ecco, a prescindere da mancanze ed eccessi, Pig funziona.
E ho vissuto con partecipazione la storia di Rob.
Perché, alla fine di tutto, ci restano solo tre cose.
 
 

3. Un uccello, una bottiglia e una baguette salata

La voce della persona che amiamo, che abbiamo amato, che non smetteremo ami di amare. Che resta intatta nella nostra mente, nei nostri ricordi, nei nostri progetti. La sua inestinguibile eco è balsamo e sale per ogni nostra ferita.
 
La certezza che non esiste bosco inaccessibile nel quale lasciarci sparire. Il nostro cuore batterà sempre più forte di qualunque coltre di neve.
 
Non c’è niente che muore per sempre.
 
Perché per essere vivi, per sentirci vissuti, dobbiamo imparare a volare nel cielo dei nostri occhi, dobbiamo innalzarci in volo e bucare lo spaziotempo, bucare l’atmosfera, superare il cosmo, raggiungere quell’oltre di cui ha cantato Baudelaire.
E c’è una sola cosa che possiamo fare per vivere pienamente le vite della nostra vita e volare davvero.
Porci con le ali.