Che l'amore è tutto, è tutto ciò che sappiamo dell'amore

E fra contatti, fra abbracci,
sento già la tua pelle
che mi offre il ritorno
al palpito iniziale,
senza luce, prima del mondo,
totale, senza forma, caos.

(Pedro Salinas)


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Non si può essere poeti
e non corteggiare la notte.

Non si può essere innamorati
e non sognare su un ponte.

Non si può essere disperati per amore
e non ritrovarsi di notte su un ponte.


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Fuochi d’artificio.
Cuore di tenebra.
L’oceano appena nato.

Attimi di ciglia.
Battiti di meraviglia.
La crisalide non cercata.

Affondo e nuoto,
immerso nel fango.
Nel mio cuore vuoto,
mi siedo e piango.

Come quando si canta
senza sapere le parole
e si inventa una lingua
che sta bene solo
nella sua bocca.

Elegante come ogni magia.
Per colmare l’abisso dell’ancora.
Elefante come ogni bugia.
Per calmare l’angelo dell’angoscia.

Confuse nel fiume dell’oblio
queste lacrime che sai.
Andare a lezione di addio
e non imparare mai.

Imissyou.
Ikissyou.
Ikillyou.

Una densa scorta di ombre
per i giorni di assolata insicurezza.
Un riflesso senza fissa dimora
che vaga di sguardo in fiamma.

Come i gesti che poi si perdono
(e quindi piange il mondo che non conoscerai mai).

Come i gesti che poi sì, perdono
(e quindi piange il me stesso che non conoscerò mai).

Come i gesti che noi sì, per dono
(e quindi regalo il mondo stesso che conosceremo, sai).

Una libellula suicida
si impicca a un palloncino
che affonda nel cielo.

Il tempo fa sempre ciò che deve:
lo lascio fare, sono così stanco
Come un corvo sporco di neve:
il mio modo di essere bianco.

Venature d’autunno.
Indizi di tenebra.
Colori andati a mare.

Quel periodo che va
dalla fine del sogno
all’inizio della bocca.

Le scoperte di notte:
i ponti in sospeso
tra la tentazione del silenzio
e la necessità del canto
(di stelle).

Quel mostro che sa
di fine e di bisogno
all’inizio ti rimbocca

Le coperte e inghiotte:
i ponti in sospeso
tra la devastazione del silenzio
e la velleità del manto
(di stelle).

La morte è una serie di venti
che soffia negli occhi della poesia.
La vita è una serie di eventi
realmente accaduti nella mia fantasia.

Il fatto è che io non ho mai
colto l’attimo che fugge
ma vado nella direzione opposta
per vedere da cosa scappa.

Preferisco l’attimo ruggente:
quello che mi sbrana l’esistenza.
Perché si vive d’istanti distanti.

E lui e lei, sempre gli altri.
E io e amore, sempre gli oltre.

E la balena triste
e il bosco incantato
e incisioni di platano.

E questi anni
e tutti i momenti
e c’è un gatto sul tavolo.

La coltivazione dell’attimo.
Le mattine all’improvviso.
La lunga oscura luminosità.

La vita che cementifica
la dolce notte che non ci sente.
La vita che desertifica
il nostro ponte che non è niente.

Raffiche su raffiche di estinzione.
Ubriacarsi di mesi e cosmesi.
Una lunga serie di colazioni sotto un calicanto.

La condensazione
dei respiri inespressi.

Il processo di riconversione
dell’amore in sospiri.

«Non ti amo più».
L’incontro sulla soglia.
«Non stiamo più bene insieme».
Il fiorire dei sensi.
«Vattene via».
Cercarsi, trovarsi, amarsi.
«Abbiamo fallito».
Più forti della vita.
«Non provo più niente».
La gioia esplosiva.
«Quanto tempo, quanti sbagli».

«Forse ».
Sì, lo voglio.
«Sì, lo voglio».
Insieme, eppure.
«Tutto è possibile».
Il graffio sul sole.
«Andiamo a sognare».
Scie di inevitabile.
«Continuiamo a viverci».
L’estinzione del domani.
«Non finiremo mai».
Finire per finire.
«Staremo sempre insieme».
Addio per sempre.
«Ti amo».


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Come se tutto fosse
in un’eclissi di rondini
un attimo prima dell’invenzione
dell’antidoto all’entropia
sulla soglia di un altrove
di attimi, di molte morti
di altre vite, di orizzonti
nonostante malgrado
e grazie a tutti i baci
mentre un corvo canta
a colpi di colpe e forse
con una squallida poesia
data l’assenza di mostri
per uno sciopero di stelle
di non-blu e mai-più
sotto raffiche di niente di niente
orrore ore e ore
plastica, progetti, palinsesti
inevitabilmente
dolcemente
dentro un cielo al guinzaglio:

L’amore muore
come una ferita
che si rimargina.