Recensione di   Roberto Flauto Roberto Flauto

Antiviral

(Film, 2012)

Antiviral

Antiviral, pur essendo imperfetto e manchevole, è un gran bel film. L'ho visto ieri sera, per la prima volta. Mi è piaciuto molto. Ho amato tantissimo Possessor, opera più matura e consapevole, dunque avevo aspettative alte, che non sono state tradite, benché la cifra stilistica del secondo film di Cronenberg jr. viene qui solo sfiorata. Ed è giusto così. Vuol dire che negli otto anni trascorsi tra i due film, ci sono stati studio, maturazione, lavoro, applicazione.

I temi tipicamente cronenbergiani della contaminazione del corpo con la macchina, dell'intreccio tra carne e metallo, sangue e bit, che io adoro da sempre, nella visione di Cronenberg figlio vengono declinati sul terreno della narrazione identitaria, in maniera secondo me ancora più profonda di quanto abbia fatto suo padre.

In Antiviral ci sono tracce preziose di una poetica ben definita, una visione chiara, precisa, a prescindere da certe imperfezioni, che in Possessor raggiunge vette enormi. Ho trovato davvero originale ed efficace l'idea dell'inoculazione del virus come tramite per realizzare una "connessione" con la celebrità, l’altro. Così come l'idea del consumo di carne, in una sorta di versione perversa del "prendete e mangiatene tutti", che mette in comunicazione la "fame" di notorietà, di gloria, con certi meccanismi dell’abitare sociale. E ancora: dare un volto al virus, inevitabilmente deformato, spaventoso, instabile: altra grande idea. Insomma, il film, a parer mio, funziona su molti livelli, anche perché non scade in discorsi retorici.

Infettarsi per assomigliare, per condividere, per avvicinarsi; la malattia come strumento di avvicinamento al sé ideale, che è quello di un altro, del personaggio famoso, del vip, del quale viene cannibalizzato ogni aspetto, compreso l’impalpabile. In quel bianco stordente, attraversato e sporcato dal rosso del sangue che a tratti copre l’intera inquadratura. Ma anche il rosso dei capelli di Syd o l’azzurro degli occhi Hanna.

Vedere Antiviral avendo già visto Possessor non sottrae nulla alla bontà di questo esordio. E speriamo di non dover aspettare altro otto anni per un terzo film.

Infine, a proposito dei “figli di”, vorrei dire che essere il figlio di un personaggio famoso, di qualcuno che ha fatto qualcosa di importante, è davvero complicatissimo. Il rapporto padre-figlio è già complesso di suo, figurarsi quando poi il figlio tenta di esprimersi nello stesso campo in cui il padre ha eccelso. Cronenberg jr ha la sua identità ben definita, non “imita” né “copia” (ammesso che siano cose sbagliate), e con questo primo film ha mangiato la carne di suo padre, celebrandone l’essenza, affermando quindi sé stesso.