La migliore conclusione possibile

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Dopo “L’ultima crociata” la saga e il mito di Indiana Jones assurgono all’Empireo. Il personaggio ormai non ha più nulla da dire in quanto ha oltrepassato i limiti della popolarità e del successo, è diventata una icona del costume moderno e come tale sarà sempre venerata dal pubblico di tutto il mondo.

 

Pochi sanno però che, parallelamente al film-capolavoro con Sean Connery, Lucas scrisse una nuova avventura (questa volta avente come nemici i russi) ma il tutto non si tramutò nelle riprese di un nuovo film perché Spielberg non approvò la sceneggiatura (del tipo “Se vuoi produrlo trovati un altro regista”).

La saga andò in pensione dopo il terzo splendido atto ma, terminati gli anni novanta e approdati al nuovo millennio, il mondo cinematografico cambiò decisamente e, esattamente come lo è attualmente, le principali case cinematografiche (le cosiddette “majors”) si trovarono a corto d’idee e pertanto iniziò un fiorire di far ritornare in auge determinati film e/o saghe che avevano avuto grandissimo successo in passato.

 

La saga di Indy non poteva certo essere non colpita da questo fenomeno ed ecco che dopo circa vent’anni esce una nuova avventura “Il regno del teschio di cristallo” che si basava sulla vecchia sceneggiatura di Lucas che, però, fu modificata per renderla maggiormente appetibile a Spielberg (all’epoca era inconcepibile affidare una avventura di Indy ad un regista diverso da Steven) e ad Harrison Ford.

La nuova avventura ha si un evidente successo commerciale (immaginatevi cosa significava per il pubblico ritrovare il cappello e la frusta sul grande schermo dopo un ventennio) ma la trama, di fatto, delude alquanto i veri estimatori dell’avventuroso archeologo.

Non è un caso che, nonostante il successo economico, Lucas e Spielberg decidono di mettere una pietra tombale sulla saga: Ford è invecchiato e determinate scene non possono risultare credibili se vengono girate da lui.

 

La saga ritorna nella leggenda ma quando nessuno se lo aspetta, dopo quindici anni, ritorna al cinema con una nuova avventura di Indy girata da James Mangold (il regista di “Identità”) con la coppia Lucas/Spielberg come produttori esecutivi.

Terminato questo prologo storico, debbo dire che ero molto preoccupato relativamente a questa produzione. Avevano già detto che non si trattava della ripartenza della saga (il cosiddetto reboot) ma sapere che Indy era interpretato dall’ottantunenne Harrison e che il tutto era stato affidato ad un regista diverso da Spielberg (sacrilegio!) mi faceva cascare le braccia.

 

Dopo la visione posso tranquillamente affermare le seguenti cose:

  • È un film decisamente migliore del “Regno del teschio di cristallo” e del, seppur valido, “Tempio maledetto”;
  • Mangold ha accettato la sfida e l’ha vinta senza se e senza ma; rispetto per la storia passata, rispetto per il personaggio, uso di dinamiche e ritmo tipiche della saga, un Mangold più spielbergheriano che mai;
  • Sebbene, in alcune scene, Indy sia stato ricostruito al computer (allo stesso modo di Carrie Fischer e Peter Cushing dell’ultima trilogia di Star Wars), Ford ha dimostrato, ancora una vola, che il personaggio è entrato nella sua anima e i due sono praticamente impossibili da dissociare;
  • Il ritmo del film è praticamente perfetto, si prende le sue piccole e giuste pause ma, di fatto, è un film infarcito di azione per almeno tre quarti della sua durata, azione sempre chiara e dettagliata e mai confusionaria e rumorosa;
  • Ford, a maggior ragione tenendo conto dell’età anagrafica, è stato brillante, gli altri attori faticano a reggere il suo carisma ma, tutto sommato, non hanno deluso;
  • Questa volta, sebbene la storia sia, per certi versi, leggermente fine a sé stessa, occorre dire che è utile per comprendere un concetto fondamentale del personaggio (verrà definitivamente reso esplicito nel pre-finale) che però dovrebbe essere ben chiaro agli spettatori dopo i primi 4 film.

Quindi sto parlando di un film perfetto, da 10 e lode?

No.

Ci sono dei difetti che però, per parlarne, dovrei rivelare scene importanti del film e quindi preferisco evitare.

Nonostante tutto però è certamente un film che lascia soddisfatti i vecchi fan (come il sottoscritto) soprattutto per un motivo: è stato rispettato il personaggio, i suoi cliché e la sua storia, il tutto contornato da dinamiche e ritmo assolutamente perfetti.

 

L’invito a vederlo è soprattutto riferito ai vecchi amanti di Indy che non rimarranno delusi come al tempo del “teschio di cristallo”.

 

Come se non bastasse Mangold chiude la saga con un finale decisamente azzeccato, forse il migliore possibile da concepire che chiude un cerchio iniziato nel 1981.

di Rael70