Abbiamo tutti due vite: la seconda inizia quando capiamo di averne solo una.

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Ashwin Saravanan è uno sconosciuto regista indiano…per noi occidentali.

Nel suo paese invece è considerato uno dei Maestri del genere Horror che esordisce nel 2015 con “Maya" (di cui è anche autore della sceneggiatura) che ottiene un grandissimo successo di pubblico, un horror di due ore e venti che viene osannato dalla critica orientale.

 

Nel 2019 Saravanan dirige e scrive questo “Game Over” confermando le sue indubbie capacità, sia di scrittura che di regia.

 

La storia ha un prologo: una ragazza che vive da sola viene spiata e registrata da un killer il quale, a notte fonda, entra dentro l'abitazione, immobilizza la donna per poi portarla fuori, in un campo di calcio, per decapitarla e dare fuoco al corpo.

Il film inizia un anno dopo, mancano ormai pochi giorni alla fine del 2018 e lo spettatore conosce Swapna, una programmatrice di videogiochi che si dedica, anima e corpo, alla sua attività quotidianamente e che una grande appassionata di Pac Man.

Swapna però non sta bene e soffre di un grave problema psicologico: non è ancora riuscita a superare il trauma accadutogli un anno prima (proprio a San Silvestro) in cui fu legata e violentata da un ragazzo.

 

Proprio all'avvicinarsi dell'imminente nuovo Capodanno, Swapna entra in crisi e ciò si manifesta soprattutto quando rimane, anche per meno di un minuto, in un ambiente senza luce (esattamente come nella notte in cui subì la violenza) e pertanto si reca, regolarmente, dallo psicologo per seguire un percorso riabilitativo.

Quasi un anno prima Swapna, che vive insieme alla cameriera Kalamma che si occupa di tutte le faccende domestiche, si era fatta fare un tatuaggio in onore del suo amore per i videogiochi ma, proprio negli ultimi giorni, la parte del corpo in cui è presente il tatuaggio inizia a farle male.

Lo spettatore inizia a comprendere cosa ci sta dietro alla vita solitaria di questa ragazza: i genitori non erano d'accordo a farla andare al rave di quel San Silvestro ma lei decise comunque di andarci. Dopo il drammatico evento i genitori diedero la colpa a lei per essersi vestita in modo provocante e a causa di questo comportamento la ragazza decise di andare a vivere da sola rifiutandosi d'incontrare i genitori.

 

Siamo nell'era dei social e il dramma di Swapna non è rimasto confinato nella famiglia ma è diventato di dominio pubblico e alcuni ragazzi la riconoscono quando va a mangiare in un fast food.

Presa dallo sconforto decide di farla finita ma, seppur fortunatamente non riesce nell'intento, il suicidio fallito le provoca la rottura di entrambe le gambe e un lungo periodo di riabilitazione.

 

Mancano ormai pochissimi giorni alla fine dell'anno e inaspettatamente Swapna riceve la visita di una donna che la farà riflettere profondamente sulla sua vita…

Le parole della donna sembrano aver dato a Swapna una nuova ed inattesa serenità e la sera stessa informa Kalamma che l'indomani mattina andranno a trovare i suoi genitori per ritrovare una nuova armonia familiare.

Il film è finito???

No, veramente deve ancora partire e lo farà quella stessa notte…

 

Il lavoro di Saravanan è degno di lode perché costruisce una storia solida e profonda (lo spettatore se ne renderà conto…) che esula dal contesto horror il cui fine è quello d'impaurire.

 

In “Game Over” c'è molto di più anzi, per certi versi, la componente horrorifica (presente nella seconda metà) seppur incisiva e ben costruita, risulta quasi un di più perché la storia di Swapna è gia, di per se, accattivante.

 

“Game Over” quindi è un piccolo squarcio sulla immensa cinematografia indiana che ancora noi occidentali dobbiamo scoprire e valutare con attenzione.

di Rael70