Chi la dura la vince

David Fincher, un nome che non ha bisogno di alcuna presentazione, un professionista di primissimo livello con un curriculum invidiabile: tecnico SFX, regista spot musicali, regista cinematografico, regista televisivo, produttore.

 

Si può ben dire che Fincher fece la gavetta riuscendo a costruirsi un bagaglio tecnico invidiabile: venne assunto, a solo 20 anni, alla ILM (Industrial Light & Magic di George Lucas), punto di riferimento mondiale nel campo degli SFX, come tecnico degli VFX (Visual Effects) e in soli due anni collaborò alla realizzazione degli effetti di film come “Il Ritorno dello Jedi”, “La storia Infinita” e “Indiana Jones e il Tempio maledetto”.

 

Dopo solo due anni comprese che il campo degli FX gli stava stretto e decise di entrare nel campo musicale, in particolar modo in quello dei videoclip.

In pochissimi anni diresse tanti clip di artisti famosi che lo portarono a fondare la Propaganda Films, una società dedita alla produzione di video musicali.

 

Alla fin fine però tutto questo per David fu solo una palestra, il suo vero obiettivo era dirigere un lungometraggio e, dopo qualche anno, gli capita una occasione più unica che rara: a soli trent’anni viene scelto dalla Twentieth Century Fox come colui che dirigerà la terza parte della saga di Alien!

 

La sfida era praticamente insormontabile e contemporaneamente irrinunciabile: dopo i Capolavori di Scott e Cameron, un esordiente aveva l'onere di  presentarsi davanti al mondo per portare avanti una saga che aveva coinvolto ed emozionato decine e decine di milioni di spettatori, al cinema e in tv.

 

Quella che quindi apparirà come l’occasione della vita, in realtà diventerà il peggior incubo professionale di David perché, suo malgrado, egli diventa vittima sacrificale delle continue discordie ed indecisioni da parte dei produttori (Walter Hill in primis) che, di mese in mese, continuavano a bocciare le varie sceneggiature che venivano loro proposte, determinando l’indecisione di Fincher che non riusciva a capire quale era realmente la storia definitiva (la volontà della produzione era quella di sbarazzarsi il prima possibile del personaggio di Ripley, decisione che andava in totale contrapposizione con quella di David).

 

Nel frattempo, le pressioni della Fox sul regista per velocizzare le riprese e fare uscire il prima possibile il film aumentarono ancor di più la confusione del regista che percepì, a pelle, la mancanza di fiducia della casa madre e dei produttori.

Ciò nonostante onorò il contratto e realizzò un film che, prima di andare in sala venne ancor di più massacrato: con un girato di quasi 3 ore, il montaggio finale (mai autorizzato da Fincher) ridusse il film a un’ora e 50 minuti.

 

Il film venne quindi stravolto e non rispecchiò per niente la visione che David aveva della storia e i risultati si videro chiaramente: il film, pur incassando, mostrava una storia alquanto frammentata con passaggi narrativi non chiari e alla fine non raggiunse i risultati dei primi due episodi e la critica lo massacrò ritenendo Fincher di non essere stato all'altezza della situazione.

 

Solamente nel 2011, la Fox, avendo capito che David era stata una vittima e non il responsabile del flop del film, cercò di scusarsi cercando di convincere il regista a rilasciare una “Director’s Cut” ma Fincher si rifiutò categoricamente affermando che quel film lo aveva sempre odiato e che mai avrebbe cambiato idea in merito.

La Fox, ad ogni modo, rilasciò la cosiddetta “Assembly Cut” all'interno del cofanetto “Alien Quadrilogy”, versione che fu montata dalla Fox sulla base delle note di montaggio scritte, all’epoca, da Fincher e il film riacquistò trenta minuti in più che, alla fine, ridiedero maggiore dignità a quello che il regista aveva in mente (in effetti la nuova versione elimina molti dei difetti e delle incongruenze della versione originale); ciò nonostante Fincher disconoscerà anche questa versione.

 

Sebbene qui non si vuole parlare di “Alien 3”, ritengo questa prefazione doverosa per far capire la persona e il suo carattere fermo e deciso.

 

Dopo questa disavventura arriveranno finalmente le soddisfazioni: con “Seven” sbancherà il botteghino e la critica sarà ai suoi piedi, con il successivo “The Game”, nonostante un successo inferiore, continuerà a dimostrare le sue indiscutibili qualità.

 

Nel 1996 esce il romanzo d’esordio dello scrittore americano (di origini ucraine) Chuck Palahniuk e l’anno successivo Fincher manifesterà l’interesse ad effettuare la trasposizione cinematografica con il beneplacito dello scrittore.

La 20Century Fox accetta e organizza una produzione di 63 milioni di $ mentre, dal canto suo, Fincher (che affida la sceneggiatura a Jim Uhls il quale ha l'unico obbligo di chiedere unicamente a Palahniuk per eventuali dubbi), è in stato di grazia e creerà il suo Capolavoro assoluto sbalordendo pubblico e critica.

 

Con un cast perfetto sotto ogni aspetto, da Edward Norton a Brad Pitt, con una Helena Bonham Carter assolutamente all’altezza dei due protagonisti, Fincher riesce a dare un respiro ancor più ampio alla storia immaginata da Palahniuk, già di per sé decisamente intrisa di critica sociale e politica.

 

Per gli SFX il regista di affida agli amici della ILM rimanendo sempre a supervisionare il lavoro degli ex colleghi ma, a prescindere dal comparto tecnico di livello eccelso, la più grande abilità di David è quella di riuscire a portare lo spettatore lungo l'intera narrazione, che si conclude con il colpo di scena finale, in modo assolutamente ignaro ed inatteso, cambiando completamente il significato, a posteriori, di tutte le scene viste.

 

La scena finale è la sintesi della evo(inv)oluzione del genere umano dagli anni ottanta ad oggi; senza alcuna indecisione la si può definire una delle scene più iconiche  della Storia del Cinema degli ultimi quarant’anni.

 

“Fight Club” entra nella Storia e Fincher assurge all’Olimpo dei registi da quel momento in poi…

 

Per questa volta niente trama, basta che ricordiate bene poche ma chiare regole:

  1. Prima regola: non parlate mai del Fight Club.
  2. Seconda regola: non dovete parlare mai del Fight Club.
  3. Terza regola: se qualcuno si accascia, è spompato, grida basta, fine del combattimento.
  4. Quarta regola: si combatte solo due per volta.
  5. Quinta regola: un combattimento alla volta ragazzi.
  6. Sesta regola: niente camicia, niente scarpe.
  7. Settima regola: i combattimenti durano per tutto il tempo necessario.
  8. Ottava regola ed ultima regola: se questa è la vostra prima sera al Fight Club, dovete combattere.

Una delle pietre miliari di cui è costituita la Storia della settima Arte.

di Rael70