Recensione di   Paolo Bonini Paolo Bonini

L'imperatore di Roma

(Film, 1988)

"L'imperatore di Roma" di Nico D'Alessandria (1987) è un film underground - beat che richiama i mondi visionari e lisergici di Alberto Grifi e l'ingenuità e genuina verità degli anni della protesta.
A imprimere forza alla visione sono le musiche dei Tan Zero, gruppo musicale che dopo aver realizzato l'album, "We can't image", che comprende alcuni brani che formano la colonna sonora del film, non ha più prodotto album. Le sonorità del brano "Vision Egg", che ricordano il tema di Guyle presente nel videogioco "Street Fighter", uscito nello stesso anno del film di D'Alessandria rendono maggiormente Gerardo Sperandini, protagonista del film, l'imperatore di Roma di cui si parla nel titolo.
La storia narra di un tossico dipendente di Roma, che vaga per la città con fare performativo, vive d'espedienti picareschi fra i vicoli e le vie della Città Eterna. Questa è una vicenda che si ripiega su se stessa, nel senso che il film così come inizia, finisce, perché a terminare è la vicenda dello stesso Sperandini.
Il plot del film è la vicenda di vita reale dello stesso attore protagonista, infatti fra la metà e la fine del film compare il padre dell'attore protagonista che tenta di tutto pur di salvare il figlio.
Intuizioni davvero notevoli sono alcuni scorci della città con il protagonista della pellicola che beve o fuma sigarette, seduto sui gradini del Colosseo con un mantello sembra proprio un antico romano. I dialoghi e le scene come quella in cui Gerri parla con una ragazza che si vuole dare alla vita e il colloquio inziale del film con il professore che si svolge sotto i ponti del lungo Tevere rimandano ai lavori neorealisti di Mauro Bolognini e Pasolini.
Per concludere, questo film, mostra il dramma della vita di un tossicodipendente ma a renderlo interessante è la chiave grottesca impressa dal commento musicale e dai titoli d'apertura e di coda del film, che sono realizzati come se fossero scritti da un bambino, e che racchiudono la specularità di queste due anime del lavoro di D'Alessandria così come di Sperandini, sono il fulcro di quel cinema italiano che ha animato il nostro paese dal secondo dopoguerra in poi.Non è un caso, infatti, che il regista romano abbia realizzato la regia video del progetto , "Il Canto d'amore di Prufrock"(1967), il cui visage musicale è realizzato da Luciano Berio, mentre Carmelo Bene da voce al testo di Eliot.