Recensione di   Maria Alario Maria Alario

Stupore e tremori

(Film, 2003)

Stupore e tremori

Perturbante e tragicomico, il film diretto da Alain Corneau risulta in alcuni momenti perfino spassoso nonostante l'argomento problematico: il mobbing. E' spietato l'ambiente di lavoro in cui dovrà muoversi la protagonista, Amèlie, interpretata da Sylvie Testud: il capo è Dio si, ma il vicepresidente è un diavolo e lei si troverà ad interfacciarsi vis a vis con lui e con i suoi sottoposti, plasmati a sua immagine e somiglianza. Mi è piaciuta l'attenzione del regista (e prima ancora della scrittrice del libro omonimo al quale il film si ispira) verso lo stupro dell'anima causato da un lavoro molesto, verso la fragilità di chi deve svolgere mansioni degradanti rispetto al ruolo che avrebbe il diritto di occupare.
Riuscirà a trovare dentro di sè la forza dell'ironia per sopravvivere psicologicamente alle angherie della supervisor Fubuki, il cui nome significa Tempesta di neve. Cosa c'è di più bello e incantevole della neve? E lei rimane inizialmente affascinata da quella donna tanto gentile e impeccabile. Ma sarà proprio lei, Fubuku, a non mostrare alcuna solidarietà, così come nessuno ne aveva avuta per lei trasformandola nel tempo in una tempesta di rabbia repressa. Ma la cosa che mortificherà più di tutte Amelie sarà il fatto di non potersi esprimere in giapponese, non permettendo all'antico stupore infantile di alimentare ancora la fiammella della sua felicità. L'alienazione è ben rappresentata dal regista ogni volta che la protagonista guarderà alla finestra, in cerca di una via di fuga ("Finchè ci sono le finestre tutti hanno un angolo di libertà"). Sarà altrove che Amèlie troverà il suo benessere.
Una storia che è degna di un'attenzione particolare in quanto testimonianza di un'esperienza diretta vissuta dalla scrittrice Amèlie Nothomb e che dimostra quanto sia fondamentale nella vita non permettere a nessuno di impedirci di fiorire per quello che realmente siamo.