la regina del deserto

Irrequieta e nomade è l’anima della protagonista, Gertrude Bell (Nicole Kidman), incapace di trovare quiete nella gabbia dorata in cui è stata cresciuta dal padre, un ricco industriale britannnico. Sente dentro di sé il desiderio di esplorare il mondo e implora il padre di inviarla in Oriente, per sfuggire all’apatia di giorni che scorrono davanti ai suoi occhi sempre uguali, troppo grigi.

E' nel movimento che invece troverà la felicità, la creatività, l'energia vitale, lo stupore che danno forma alla mente e quell'amore capace di travolgere e non dare più scampo al cuore. 

Una volta giunta fra le tribù del deserto, dialoga con loro e ne adotta i costumi, respira la libertà e la poesia della loro vita nomade, perchè ama la diversità e sa accostarsi ad essa senza pregiudizi, tanto da essere poi riconosciuta come madre dell'Iraq e soprannominata “Al-Khatun”(regina del deserto).

E, in quel deserto senza fine, abitato dai fantasmi del passato, le ombre rievocano ogni tanto la malinconia di vite precedenti, tuttavia rimangono dietro di lei e la solitudine di quel luogo riesce sempre a placare la solitudine della sua anima.

La attende un grande destino, le sussurra ad un certo punto un veggente, ma lei con un moto d'impeto esclamerà: “Prendo il destino con le mie mani”.  Nessun uomo si azzardi, infatti, a giocare la partita della sua vita! 
Archeologa e scrittrice, otterrà anche un importante incarico politico dal governo britannico. 

Ho amato sin dalle prime scene i suoni e i panorami di questo film, ma più di ogni cosa la messa in scena di quell'irrequietezza che appartiene a ciascuno di noi perchè, come afferma Chatwin, noi siamo viaggiatori dalla nascita.