LUCE

(Non ci si abitua mai alla bellezza di un film. Ogni volta è come precipitare nell'infinito!).

Luce Edgar (Kelvin Harrison) è uno studente universitario di successo ed è insuperabile nei dibattiti. Le sue parole sono sempre capaci di suscitare forti vibrazioni emotive in chi lo ascolta, sono intrise di audacia e speranza americana. Impeccabile e sempre sorridente, è vero, ma altrettanto impersonale gli fa notare qualcuno di molto speciale e vicino a lui. Si può permettere di sbagliare, Luce? Sembrerebbe proprio di no: “È uno studente troppo importante per permettergli di sbagliare” pronuncia la sua docente di storia rivolgendosi ai suoi genitori. La domanda che allora mi sorge allora spontanea è: “Quanto contano le aspettative sociali e scolastiche sui giovani adolescenti?”.

Ma ecco che, in un minuscolo istante in cui la macchina da presa si concentra sullo sguardo tra Luce e la sua docente di storia (Octavia Spencer), capisco che sono completamente fuori strada rispetto alla reale tematica portata in scena dal regista. Non è certo questione di aspettative, nè si tratta di uno sguardo d’amore! Quel loro fissarsi dritto negli occhi è una sorta di riconoscimento reciproco o un atteggiamento di sfida? Intesa mista a qualcos’altro, che non riesco completamente ad afferrare e che sembra sfuggirmi fino alla fine.  Anche i genitori del ragazzo vengono travolti da questa dialettica, insieme allo spettatore. 
Specchio dell’anima, quello sguardo lascia trapelare sfumature emotive anche molto intime, conduce verso un altrove, vuole indagare tra gli strati più sotterranei della coscienza di Luce.


E' un film che lascia un’impronta indelebile nell’anima, perché la inquieta e la migliora con la forza del dubbio. Una ricca serie di indizi che non fanno altro che alimentarlo e che non permettono di capire chi sta soffrendo realmente e chi, invece, mente. Vi è mai capitato di ritrovarvi tra due persone portatrici di verità diverse? Ogniqualvolta mi ricapiterà nella vita di non sapere da che parte stare, ripenserò a Luce e a Harriet, al fuoco dei loro sguardi e delle loro parole, apparentemente impeccabili, inconfutabili, dietro cui però si può celare una grande fragilità. La vulnerabilità dinnanzi a parole fondamentali della nostra esistenza quali, per esempio, libertà ed integrazione. 

Il ritmo del film non è veloce, ma il suo fluire lento non annoia e permette di attivare delle riflessioni interiori. Ho trovato originale la trama, buona la sceneggiatura ed altissimo il livello di pathos ricreato.