Dillinger è morto si presenta subito come un’opera respingente: siamo in una fabbrica, a stento riusciamo a percepire i dialoghi fra i personaggi, sovrastati dagli sbuffi striduli di macchinari industriali. A dire il vero lo stesso protagonista, il designer Glauco, non sembra nemmeno troppo interessato alla filippica sulla solitudine dell’uomo contemporaneo propinatagli dal collega. Si tratta, in fondo, del medesimo distacco che permea la sua vita quotidiana, fatta di relazioni, comportamenti, interessi, ambienti e oggetti perfettamente borghesi. In questa dimensione ovattata e narcotizzante il Glauco-borghese si aggira come un fanciullo al luna park; ora catturato da un’attrazione, ora dall’altra, vaga senza meta tra le sue passioni transeunte, esprimendo una gamma ristrettissima di emozioni che vanno dal moderatamente soddisfatto al parzialmente deluso. Ne deriva un appiattimento della realtà in cui ogni senso dell’azione si affievolisce, sino a rendere quasi impercettibile la differenza tra la preparazione di un perfetto pollo arrosto e un uxoricidio. Perso nella metaforica marea della vacuità della vita, il protagonista cercherà nella realtà del mare la sua emancipazione, consegnandosi, di fatto, a una nuova schiavitù. Nel frattempo, come si accennava, lo spettatore è tenuto scientificamente a distanza da una regia asciutta e distaccata che si limita a mostrare gli eventi nella loro essenzialità più pura e spesso banale. Sa da una lato si tratta di una scelta coerente in grado di legare forma e contenuto, dall’altro essa rischia di estraniare totalmente quella parte di pubblico che per mancanza di volontà e/o capacità guarda il film senza vedere un granché. La grande mancanza di Dillinger è morto consiste dunque in una spiccata propensione all’autoreferenzialità, che getta un’ombra elitista sull’intera opera. In altri termini, trattasi di un film che parla di borghesi, fatto da borghesi per altri borghesi. Ma i borghesi di oggi, oltre a costituire un ceto numericamente sempre più esiguo, sono anche molto diversi dai corrispettivi sessantottini. Pertanto, rimane forte la sensazione che Dillinger è morto sia un film destinato a invecchiare male.