I rapporti familiari possiedono un duplice aspetto che li rende unici. Anzitutto non sono legami che scegliamo, bensì, detto un po’ brutalmente, ci capitano. Per tale ragione, essi rappresentano allo stesso tempo un impedimento e un’opportunità. Spesso, infatti, le figure familiari rappresentano un’ancora che ci assicura contro le mille incertezze della vita; i padri, le madri e i fratelli sono sempre lì dove sappiamo, ci amano, ci sostengono e non potrebbero fare altrimenti. Tuttavia, per quanto rassicuranti, i vincoli di sangue sono chiamati così proprio perché limitano e costringono, soprattutto, e questo è il punto cruciale, se si coltiva il dubbio che condividere l’esperienza di vita con i nostri cari sia in realtà una gravosa condanna che non abbiamo scelto e che forse non avremmo voluto. È allora necessario ricercare un certo distacco per capire se quel legame tanto forte è figlio di obblighi morali oppure di un’autentica affinità elettiva. Solo alla fine di questo duro percorso, in cui la consapevolezza della propria autonomia trasforma l’obbligo in volontà, sarà possibile vivere i propri rapporti con rinnovata serenità. Se, come ritengo, tutto ciò riflette il messaggio principale dell’opera, allora traspare anche un certo spirito di critica sociale, seppur in maniera molto velata. La pellicola mostra un’America marginale, dove i cittadini bisognosi sono abbandonati a sé stessi e le istituzioni, laddove presenti, agiscono con scriteriata noncuranza. In tal senso, è significativa la scena in cui due poliziotti decidono di incarcerare il protagonista, un adolescente disabile, per futili motivi. Purtroppo, la trasposizione filmica è perfettibile, la pellicola alle volte manca di incisività, l’esiguo commento musicale è piuttosto scontato e alcuni personaggi di contorno potevano essere costruiti con più accuratezza. Rimangono le ottime interpretazioni dei due protagonisti e con esse la sensazione che sarebbe bastata qualche accortezza in più per fare di Buon compleanno Mr. Grape un film da non perdere.