Elise e Dider vivono un’intensa storia d’amore a ritmo di musica. Ma la passione non è indelebile e più brucia con forza più corre velocemente verso il tempo dell’erosione, comportando il viaggio in un dolore profondo che nessun tipo di inchiostro può risanare. 
Dider suona il banjo in un gruppo bluegrass, Elise conserva il ricordo degli amori passati sulla propria pelle grazie ai tatuaggi di cui è ricoperta, mantenendo comunque una magnetica eleganza che trova massima espressione nel canto. La musica è la scintilla per il colpo di fulmine che travolge la vita dei due giovani trasformandola in un fiume di passione. Nulla sembra poter ostacolare un simile anelito d’amore, tantomeno dopo la nascita della piccola Maybelle. Ma la vita, primo o poi, chiede il conto, e Dider ed Elise saranno costretti a pagare con infausto anticipo.
“La cosa più difficile è amare e la musica è un’attività che prepara l’uomo a questo arduo compito”. Volendo racchiudere in una frase l’essenza del film, non vi è scelta migliore se non questo aforisma dell’etnomusicologo John Blacking. Amare significa essere in sintonia con ciò che ci circonda; possiamo assecondare il flusso degli eventi od opporre resistenza e non amare. Dunque la musica aiuta l’uomo alla fluidità e ha a che fare con l’amore in tutte le sue declinazioni. Questa pellicola vive all’insegna della musica che sin dal principio scandisce la relazione dei protagonisti, nella gioia e nel dolore, dando loro la forza per superare i momenti più difficili, per continuare ad amare nonostante le avversità. Qui si concentra lo sforzo senza posa di tutte le coppie che difendono l’integrità del sentimento, cercando l’armonia necessaria a sostenere il flusso entropico dell’esistenza. Il suono ambivalente del banjo, capace di condensare vitalità e malinconia nella stessa nota, riflette alla perfezione l’irrefrenabile vortice di picchi e depressioni che caratterizza tale sforzo. Alabama Monroe non è altro che una struggente ballata le cui agrodolci melodie di bluegrass narrano l’incertezza dell’amore, sineddoche della vita.
L’abile Felix Van Groeningen accelera il ritmo con un intreccio che si discosta radicalmente dall’ordine cronologico degli eventi, alternando quasi sempre scene di momenti felici con altre di segno opposto. Tutto ciò rende alla perfezione il susseguirsi di alti e bassi, nonché la sensazione di sfuggevolezza degli eventi che scorrono disordinati e incontrollabili. Per converso, ciò che fa ordine, ancora una volta e non a caso, è il comparto sonoro. Spesso infatti il suono viene utilizzato per fare da ponte (sound bridge) fra due scene, in tal modo il ruggito di Maybelle si trasforma nel rumore degli pneumatici di un pick-up su una strada sterrata. Tuttavia, forse qualche spettatore potrà sentirsi un po’ spaesato, ma si tratta di un piccolo male necessario, che può essere facilmente compensato se si lasciano andare le emozioni lì dove la splendida colonna sonora sa condurle sapientemente.