Edgar Wright è un grandissimo regista.
La sua "Trilogia del cornetto" ha fatto la storia del genere (quello comico parodico di qualità). Li ho amati tutti, indistintamente.
Ho sentito parlar molto bene anche di Scott Pilgrim e di Baby Driver, non faccio fatica a crederlo.
Ed ecco che con molta sorpresa me lo ritrovo in un mondo completamente diverso, quello dell'horror.
Perlopiù addirittura dell' horror raffinato.
Oddio, raffinato, è proprio questo il problema di questo bel "Ultima notte a Soho", ovvero che ad un certo punto passa dall'esser un ottimo ed interessantissimo thriller di classe ad un horror tout court sì "impegnato" ma che, e mi dispiace un casino dirlo, non solo fa calare la "classe" del film di due spanne ma, ed è ancora più un peccato, sembra quasi sabotare il primo tempo, uccidendo tutte le suggestioni che ci aveva regalato per virare (quasi) da tutt'altra parte.
Per prima cosa devo dire per  l'ennesima volta che vedere gli occhi di Anya Taylor-Joy al cinema è sempre motivo bastante per pagare un biglietto. Non lo dico da uomo (sì, è bellissima, per me forse la più bella con la Marling e la Qualley) ma proprio da amante del bello (e degli occhi).
A 25 anni ha già alle spalle una filmografia di buona qualità e tanti ruoli iconici. 
Iconici perchè è stata lei, probabilmente, a renderli tali.
La affianca una giovanissima attrice che ho trovato di altissimo livello, quella Thomasin McKenzie che avevo visto da pochissimo in Old (tra l'altro assurdo che la Taylor-Joy sia venuta fuori - con The Witch - proprio interpretando un personaggio che si chiamava Thomasin - grazie Matteo per avermelo segnalato - ).
Già nell'incipit del film, un incipit tra il musical e il disneyano, quel vederla ballare per casa, fintamente pavoneggiandosi, ce la rende deliziosa, tenera, dolcissima.
In realtà il suo personaggio forte non sarà (la ragazza è una specie di loser di campagna disabituata ai ritmi e agli squali della city) ma sicuramente ambiziosa sì.
Vince un concorso per aspiranti stiliste, se ne va quindi a Londra.


Si ritroverà in una specie di ostello festaiolo, snob e sottilmente cattivo, come può essere un ostello frequentato da giovani ambiziosi.
Si troverà tremendamente a disagio e allora affitterà un piccolo monolocale in un vecchio palazzo.
Sua affittuaria una ambigua signora londinese.
Allora...
Il primo tempo del film, come dicevo, è un thriller psicologico di notevole classe che gioca col tema del doppio femminile come, per capirsi, hanno fatto in passato capolavori come Mulholland Drive e grandi film come Il Cigno Nero.
Tutto questo si mischia ad un'altra tematica, ovvero quella di quanto occorre "sporcarsi", far uscire la propria anima nera, accettare compromessi e subire violenze psicologiche per far strada nel mondo dello spettacolo.
A tal proposito vi consiglio un vero e proprio gioiello a cui per una buona mezz'ora Soho viaggia quasi parallelo, Starry Eyes.
Wright ci mostra questo gioco di doppi attraverso un uso massiccio degli specchi. Specchi ovunque, superfici riflettenti, di tutto.
Non c'è una vera e propria "identità" tra Eloise e Sandie, per capirsi un gesto fatto da una davanti allo specchio non lo vedremo replicato dall'altra.
E' più che altro un abbastanza originale ritrovarsi in una vita e un'anima divisa in due, una nei giorni nostri e una nella Swinging London degli anni 60 (amanti di quella Londra, di quelle luci, di quelle suggestioni, di quei vestiti, di quelle auto e di quei locali si ritroveranno davanti un film straordinario, talmente straordinario che anche io che non sopporto musical e costumi ne sono rimasto completamente rapito).
E' come se Eloise avesse già vissuto un'altra vita o come se stesse sognando di viverne una del passato. A tal proposito secondo me è davvero delicato e sottotraccia quel raccontare come ragazzine timide possano sognare di essere la "diva" del momento, qualcosa che capita quasi a tutte le ragazze. Ed ecco che allora la Taylor-Joy esce quasi dal personaggio, è come se Eloise e lei rappresentassero, per esteso, questo sempiterno connubio "adolescente-diva sognata", come se, uscendo dal film, vedessimo una ragazza che sogna di essere proprio la Taylor-Joy per capirsi.
Credo che molte ragazze possano ritrovarsi in questa suggestione del film, più difficile per noi maschietti.
In ogni caso io ho vissuto il film in questo modo, come un autoriale film sul doppio. E' come se il personaggio di Sandie rappresentasse al tempo stesso tutti i sogni ma anche tutte le paure di Eloise. Quella vuole diventare ma quelli sono anche i rischi. Non è un caso che tutto questo avvenga proprio nel mondo dei sogni che, in quanto tali, quello sono, qualcosa che il protagonista sogna di essere.


Più si va avanti, però, più il film sostituisce alle luci della possibile fama altre luci più fosche, altri ambienti più laidi e sotterranei e così Eloise/Sandie si trovano a vivere esperienze terribili, come donare il proprio corpo in cambio del successo.
Fino a qui il film è perfetto per me.
Tra l'altro grande colonna sonora, grande fotografia, grande ricostruzione, e dei pezzi ballati/musicati davvero eccezionali.
Poi il film cambia e diventa un horror.
Fino a che c'è stata commistione di generi (noir, musical, thriller, horror) era perfetto ma poi Wright secondo me si fa prendere troppo dal lato orrorifico della storia.
Il film perde di classe e anche scene molto suggestive come quelle degli uomini senza volto alla fine diventano talmente tanto ripetitive da farci quasi completamente dimenticare quel gran film "trasversale" che era stato Soho fino a quel punto.
Intendiamoci, il film rimane discretamente bello da vedere ma perde la sua originalità, la sua peculiarità.
Tra scene alla Shining (loro che camminano nei corridoi e in ogni stanza trovano uomini mascherati che si danno a sesso e vizi), tantissimi richiami al nostro thriller/horror degli anni 70-80 (ad un certo punto parte un brano che se non è di Argento allora è un mezzo clone), qualche riferimento a Nightmare (vivere vite parallele in sogno anche se qui il film non è sempre coerente, ad esempio quel succhiotto ci racconta una volta di più di questa doppia anima di un'unica vita, ma alla fine viene smentito), si arriva nella parte finale.
Dico subito che avevo capito dopo 30 minuti sia il colpo di scena piccolo (chi era quel vecchio) sia quello in teoria grande (chi era la vecchina), questo certo non mi ha aiutato.
Il problema è un altro.
Il problema è che il film sabota e smentisce sè stesso.
Quel thriller psicologico sul doppio diventa invece un'altra cosa, diventano due vite completamente separate. Capite che tutta la forza psicologica di un "doppio" si perde se poi semplicemente capiamo di aver visto semplicemente la vita di un'altra persona, vita con cui Eloise (che ha qualche "potere") è riuscita a mettersi in contatto.
Intendiamoci, va bene eh, ma a me sembra un autogoal.



E scene come quella sopracitata del succhiotto diventano quasi un colpo basso e non tanto "fair" dato allo spettatore.
Ma il film un pochino cambia anche di tematica e diventa l'ennesimo (scrivo ennesimo non come critica ma come constatazione di un filone che ormai da 5-6 anni sta producendo tantissimi titoli), dicevo l'ennesimo titolo "femminile" che denuncia la violenza del maschio.
Cosa che io appoggerò sempre, lo facevo da ragazzino figuriamoci in questi nuovi tempi dove quasi tutte le coscienze del mondo si sono in qualche modo finalmente svegliate su quest'aspetto terribile.
Eppure il film è ambiguo e secondo me, furbescamente, un pochino esagera.
Far passare che è giusto che degli uomini maiali che sono stati clienti (tra l'altro una sola volta a testa, sempre che si possa in questi casi scrivere "sola") di una prostituta vengano uccisi è un messaggio un pochino pericoloso.
L'empatia per il personaggio della Taylor-Joy è massima ma questo parallelismo tra "il tuo nome è adorabile" poi questi uomini in mutande e poi questo loro essere uccisi brutalmente lo trovo davvero poco riuscito.
Forse sarebbe stato meglio mettere di più l'accento su un numero minore di personaggi maschili, renderli ancora più vomitevoli e farci sì godere della loro morte.
Tra l'altro il film, non si sa se per una specie di " dare un colpo al cerchio e uno alla botte" ad un certo punto ci fa quasi empatizzare per questi "mostri" e, anzi, sono loro a chiamare il 911 e salvare Eloise, non ha molto senso la cosa.
Se sommate tutto c'è secondo me grande confusione, ambiguità e un messaggio non chiaro.
Sinceramente qualsiasi spettatore con un minimo di sensibilità e coscienza civile aveva empatizzato con i due magnifici personaggi femminili, così belli, dolci, deboli ma allo stesso tempo fortissimi, che questo revenge movie con morale ambigua si poteva evitare e fare una scrittura più raffinata, psicologica, delicata.
Tra l'altro, ma questo è un semplice errore di logica, ci viene mostrato il personaggio di Eloise drogato (o comunque avvelenato) ma poi si dimenticano della cosa, lo fanno tornare in perfetta forma e super sveglio.
Resta un gran bel film, notevole da vedere a tratti, con due personaggi femminili che te li ricordi per tanto tempo, con qualche scena girata da Dio, con tante tematiche interessantissime che però o decadono o si fanno troppo urlate.
Mannaggia.