Paolo Strippoli aveva co-diretto A Classic Horror Story con De Feo (a proposito, quel film non l'ho mai recensito ma rivedendolo una seconda volta mi è cresciuto molto di più).
De Feo aveva prima diretto, da solo, quel gioiello di The Nest.
Vedendo ora questo Piove mi viene da unire i puntini e constatare un'affinità elettiva e una sintonia artistica/umana tra i due registi.
Che, per farla breve, hanno girato i due migliori horror italiani di questi anni.
Due horror che eccellono soprattutto nel loro lato drammatico, nell'essere così "precisi" nel raccontare i rapporti umani, nell'estrema sensibilità che li percorre.

Siamo a Roma, in tempi non precisati ma che possono tranquillamente essere i nostri.
Nel sottosuolo, nelle fogne, c'è una sostanza che, evaporando, rende le persone rabbiose, sempre più rabbiose.

Piove è, prima di tutto, un film coraggioso.
Perchè racconta gli inferni famigliari in maniera secca, diretta, durissima.
Il rapporto tra il padre Thomas ed il figlio Enrico ti uccide, ti fa male, non solo perchè costruito in maniera magistrale, ma perchè ne percepisci la "verità". Vedendo il film il cuore ti si stringe non tanto per quella famiglia (in cui la figura della piccola bimba diventa struggente) ma perchè, o almeno a me è successo questo, ti vengono in mente tutti quei milioni di famiglie reali in cui avvengono quelle dinamiche.
In cui non c'è amore (o meglio, c'è qualcosa di più forte dell'amore che non permette a questo di manifestarsi), in cui vedi un padre ed un figlio odiarsi, in cui ci sono figure che non ci sono più (la madre morta) ed altre che sono invece spettatrici indifese di quel disamore, di quella rabbia. Per esperienza personale essere spettatori di odio e rabbia tra due persone che ami e che pensi si dovrebbero amare ti uccide come e più se in quel vortice d'odio ci fossi dentro te stesso.
E Piove in questo è magnifico, radicale, estremo.
La figura di Enrico (un pazzesco Francesco Gheghi) è quanto di meglio la scrittura cinematografica può regalare nel raccontarci un'adolescente che era felice (quei flash back nel finale sono davvero commoventi), che ha subito un trauma devastante di cui è anche assoluto colpevole e che da lì in poi, vuoi per dolore, vuoi per senso di colpa, vuoi per una sensazione assoluta di vuoto (non a caso cerca l'amore in una 45enne prostituta, figura - l'unica - che può sostituire la madre) e vuoi anche per un "pretesto" per cui la colpa può "trasferirla" al padre (lui doveva prendere la macchina), ecco, l'adolescente che viene fuori da questo inferno è esattamente quel personaggio, personaggio in cui le ferite interiori sono esattamente reificate anche da quelle esteriori, dalle cicatrici rimaste nel volto.
Cicatrici lui, la sorellina in sedia a rotelle, una tragedia che già comunque sarebbe impossibile da dimenticare a maggior ragione non potrà mai essere superata perchè le conseguenze che ha lasciato sono sempre lì, visibili, terribili.



Una famiglia letteralmente devastata, mangiata dentro e sfregiata fuori che ha anche la paradossale "sfortuna" di essere stata prima invece una famiglia bellissima (perchè se la tragedia colpisce uno status quo di felicità lascia ferite e conseguenze - e rabbia - ancora più grandi).
Per me Piove, al di là di tutti gli altri aspetti, sarebbe stato un grande film anche solo per il racconto spietato di questo microcosmo.
E di certo la famiglia di Enrico è il seme perfetto dal quale può nascere il frutto d'odio che Piove racconta.
Siamo in una società e in un mondo sempre più nervosi, sempre più stressati.
Ed ecco che quel "fumo" che viene dalle fogne non è un agente esterno che ci modifica, che inietta rabbia od odio in un mondo invece colmo d'amore. No, il mondo sta comunque impazzendo, la gente è veramente sempre più cattiva ed esasperata, i rapporti famigliari, specie con adolescenti di mezzo, sono sempre più delicati.
E allora ecco che io quel fumo più che vederlo come causa di tutto quello che accadrà lo vedo invece come conseguenza di quello che già siamo.
Per banalizzare la cosa, lo vedo solo come la classica ciliegina di una torta d'odio che abbiamo già da tempo preparato.
E' il mondo ad averlo creato, un mondo comunque già vicino al collasso, arrivato al limite, e che ora respirando quella cosa quel limite può "finalmente" superarlo.
Ed ecco che Piove, oltre alla straordinaria esattezza degli inferni casalinghi, diventa per me anche uno dei 3-4 titoli più incisivi nel raccontare questi 3 anni incredibili che abbiamo vissuto nell'era Covid.
Sì, molti film si sono venduti come film "sul Covid" senza avermi dato nulla in quel senso mentre Piove, senza dirlo (e magari senza nemmeno esserlo nelle intenzioni) è invece uno dei film che meglio mi ha raccontato questi due anni e mezzo, questa insofferenza sempre più forte, questo non capirsi, queste convivenze sempre più difficili, questa rabbia e questo odio figlie di una situazione incredibile che non riusciamo a vivere.
Nel film c'è una battuta (nel flash back della madre al compleanno) sui focolai.
Magari non c'entra niente col Covid ma io questo ho riconosciuto nel film, il mondo di questi due anni.
Uscendo un attimo dalle tematiche (ma la forza principale di Piove è senz'altro in quelle e nella metafora che racconta) gli aspetti da analizzare sono tanti.
Inutile dire che non tutto funziona.
Ho trovato molto deboli le 2/3 scene di "gruppo", da gang, abbastanza banalotte.
In più il film aggiunge qualche personaggio secondario per creare un contesto più ampio ma che, a mio parere, niente aggiunge al film, anzi, ci dà l'idea di scelte buttate là sulle quali nemmeno si credeva troppo (penso ad esempio al personaggio interpretato da Ondina Quadri).
A proposito, è evidente come Strippoli (o chi per lui) abbia fatto un notevole lavoro di casting e segua il miglior cinema italiano, visto che troviamo dentro qua dei giovani che sono stati indimenticabili protagonisti di alcune gemme recenti del nostro cinema, come Leon de la Vallee del bellissimo La terra dei figli o la stessa Quadri di quell'esordio clamoroso che è Piccolo Corpo.
Ecco, il ragazzo della gang che rivede la piccola Martina nel finale, quello della Quadri, quello della guardia giurata (scena rivedibile...) e forse anche un altro paio... paiono aggiunte assolutamente evitabili.
Però questo film ha un merito, tra i tanti.
Ovvero quello di diventare sempre più bello, sempre più convincente, sempre più coinvolgente, in un climax inesorabile che combacia perfettamente col climax della diegesi, quello della rabbia e dell'odio sempre più forti.
E l'ultima mezz'ora, c'è poco da fare, è puro horror, in un film che io invece pensavo "solo" un drammatico con venature horror.
No, Piove è horror, non vedibile da chi a questo genere non riesce proprio ad avvicinarsi.
Scelta giusta, sbagliata?
Io l'approvo, perchè abbiamo assolutamente bisogno di film di genere che riescono però a metter dentro tanto altro, ad andare in profondità, ad esprimere sensibilità, pur non uscendo dallo stesso genere.




La prima donna "infetta" che urla, l'uomo "petrolio" (il figlio di Orso Maria Guerrini), la superba scena in montaggio alternato della madre-mostro che incita all'odio sia il figlio che il marito, tutto il finale, ecco, Piove si veste da horror senza ambiguità, in maniera diretta ed urlata.
E funziona alla grande anche lì, tanto che l'ultima mezz'ora non c'è davvero mai un attimo di respiro.
Eppure il film (che ha una colonna sonora strepitosa, con un paio di pezzi esaltanti, e una fotografia veramente suggestiva) aveva avuto la forza di dare il meglio di sè nelle scene realistiche, in quella bimba che il babbo lascia in piedi senza soccorrerla (può sembrare una scena crudele ma è solo un padre disperato che, in maniera estrema, vuole dare la forza alla figlia di reagire), in quelle scene tra Enrico e Gianluca che sembra di rivedere 1979 degli Smashing Pumpkins, nel devastante - e benissimo costruito - flash back dell'incidente, praticamente un prologo che arriva a fine film (geniale, terribile e straziante la scelta dei palloncini, soprattutto per come lega tutti e 3 i personaggi. La bimba li ha voluti, lui per una scemata lo farà scoppiare uno, la madre perderà il controllo).
Ma il finale, finale che molti troveranno retorico, è quanto di più bello e forte potevamo aspettarci.
Quella madre-mostro (attenzione, la madre ci viene sempre raffigurata come mostruosa, cattiva, vendicatrice, ma in realtà è l'esatto opposto, lo sappiamo dai flash back. Quella madre ci viene mostrata così perchè è metafora di quello che è diventata per quella famiglia, ovvero un demone che non se ne va via, il motivo per cui padre e figlio si odiano. Il loro odio, nato dalla morte della donna, in lei si reifica. Quindi quella non è l'immagine "esterna" della madre, ma quella che loro hanno generato), dicevo, quella madre mostro che si trascina verso di loro, sempre più debole, sempre più informe, e che negli ultimi secondi tende loro la mano è una metafora impressionante di quello che sta accadendo, di quell'essersi ritrovati, di quel l'essersi riconosciuti, di quell'essersi "ricordati" di ciò che erano. E questo tutto grazie ad un'altra figura straordinaria, quello della figlia che, come vedremo poi con la madre, si era trascinata verso di loro.
Impossibile non commuoversi per questa figura che in maniera così sofferta, quasi umiliante, cerca di raggiungerli, cerca di fargli aprire gli occhi, cerca di togliergli la coltre di odio e rabbia che ormai l'ha invasi (e che bello che tutto ciò sia raffigurato da questa melma-petrolio nerissima che sempre più ci copre corpo e viso, questo è l'odio).
"Vi odio" dirà proprio lei, l'unica figura che l'odio non sa nemmeno cosa sia.
E' un finto odio, un amore devastato, che però serve a padre e fratello per "risvegliarsi".
Solo con Babadook e con il recente Relic avevo provato tanta emozione in una scena che da "mostruosa" racconta invece cose gigantesche sotto.
Poi tutti escono e trovano un mondo a metà.
Moltissimi si sono uccisi a vicenda.
Chi non l'ha fatto è in piedi abbracciato.
Retorica?
No, chi lo vede come retorico ha paura di affrontare la verità.
E la verità è quella che ci mostra questo bellissimo finale.
Finale che racconta solo una cosa.
Da questi inferni d'odio, di rabbia, di disamore, di incomprensione ci si salva solo con l'opposto, con la comprensione, con l'empatia, con l'amore.
E Piove nemmeno racconta di amore universale, non è un caso che tutti i nuclei che vediamo siano famiglie.
Piove ha il coraggio di entrare "solo" dentro questo mondo così delicato, decisivo, molto spesso terribile che è la famiglia.
E sì, solo abbracciandosi, solo capendosi, solo scambiandosi affetto ed amore una famiglia può salvarsi.
O si sta in piedi insieme o si sta a terra, uccisi, feriti, rovinati per sempre.
Questo dovete capirlo.
E se irridete un finale così è perchè questi concetti vi fanno paura e se qualcuno li trasforma in immagini in maniera così esplicita a voi sembra ridicolo.
No, così è, con l'amore si sta in piedi, con l'odio si muore e si uccide.
E se non ce la fate da soli a rendervene conto spero che un giorno una bambina che non può camminare si trascini verso di voi per farvelo capire.
E se non lo capirete nemmeno in quella maniera è inevitabile e giusto che la vostra anima si faccia sempre più nera e melmosa.
E nessuna pioggia potrà più salvarvi


7.5